“Chi è uscito dalla porta sbattendola non pensi di poter rientrare dalla finestra dentro un listone di centrosinistra“. È il commento di Debora Serracchiani dal palco del Lingotto, nell’ultimo giorno della convention torinese organizzata da Matteo Renzi. “Con Pisapia vogliamo continuare a lavorare e combattere insieme e siamo interessati a ciò che si muove intorno”, aveva detto Matteo Orfini giusto pochi minuti prima in un passaggio del suo intervento. Due voci non proprio accordate, che si uniscono alle altre contraddizioni in tema di alleanze. Tra chi strizza l’occhio a Ncd e chi spera di riunire le forze di sinistra, è emersa nella tre giorni di Torino una divisione interna ai dem renziani.

Il primo ad aprire il dibattito era stato Dario Franceschini: “Dobbiamo allargare il campo” per combattere il populismo, ha detto nel suo discorso di sabato, “è nostro interesse che nasca un’area moderata nel centrodestra con cui sia possibile dialogare e condividere valori”. Un’idea stoppata dall’intervento di Orfini. L’intesa con Ncd “non può diventare un progetto politico“, ha detto domenica mattina il presidente del Pd. Il rapporto è nato per la necessità di costituire larghe intese per sostenere il governo, ma “è un frangente da superare. La collocazione naturale del Pd – chiosa Orfini – è al centro del centrosinistra”.

Se non si guarda a destra, allora si può guardare a sinistra. Sì, secondo Maurizio Martina, che dal palco sabato ha ripetuto più volte il suo mantra: “Diversi e uniti è possibile”. La sua è un’apertura al neonato Campo Progressista ma anche una mano tesa alla componente bersaniana, che come lui proviene dai Ds: “Noi proponiamo un progetto collettivo, non solo una leadership”. A smentirlo ci ha pensato però il discorso di Serracchiani: “Nessun listone di centrosinistra. La soluzione non è girare le spalle, vigliaccamente andarsene e poi condizionare il partito da cui si è usciti, non ci faremo condizionare”, ha detto la numero 2 del Pd dal palco del Lingotto. Parole dure verso gli ex compagni che ricalcano di fatto quelle pronunciate sabato da Sergio Chiamparino: “Chi cambia casacca è un vigliacco”.

Orfini sceglie un’altra posizione ancora: quella intermedia. Apre a Giuliano Pisapia ma prende in giro gli scissionisti: “Rivolgo a loro un pensiero affettuoso, come quando ci si lascia. Se uno continua a parlare sempre dell’altro vuol dire che gli manchiamo, che hanno nostalgia“. Su una cosa la vicesegretaria e il presidente del Pd si trovano d’accordo: “La sinistra italiana siamo noi“, ribadiscono entrambi dal palco. Poi però si distinguono di nuovo. “Non mi faccio dare nessuna lezione da chi ha ucciso l’Ulivo e ora vuole uccidere il Partito Democratico”, ha detto Serracchiani. Orfini usa altri toni: “Ci interessa discutere con tutti”.

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