L’immagine che sintetizza la giornata arriva poco dopo le 13. Ritrae Pisapia, a braccia larghe sul palco, che si rivolge prima a Roberto Speranza e poi Gianni Cuperlo, seduti sui lati opposti della prima fila. “Roberto, Gianni, grazie di essere presenti. Avete fatto scelte diverse ma oggi siamo qui, insieme, in nome di idee e i valori comuni “. “Ecco. Questo abbraccio ideale – sintetizza, sorridendo, uno dei protagonisti della scissione del Pd – raffigura il perimetro minimo di Campo Progressista“. Il pubblico apprezza. E gli applausi della platea e dalla galleria del Teatro Brancaccio, tutto esaurito per l’occasione, si fanno ancora più energici quando l’ex sindaco di Milano passa all’attacco, più frontale di quanto si credesse alla vigilia, nei confronti di Matteo Renzi. “Noi siamo qui perché vogliamo rifondare il centrosinistra, e trasformarlo magari in un sinistracentro. Ma per farlo, c’è bisogno di una netta e forte discontinuità con questi ultimi anni”.

Il riferimento all’ex premier si fa sempre più diretto: “Al Lingotto, a Torino, c’è una manifestazione molto importante. Trovo positivo che da quelle parti qualcuno abbia cominciato a fare autocritica, ma credo che l’autocritica debba essere la premessa di un cambio di agenda politica, altrimenti è inutile”. Prosegue Pisapia: “Al Pd chiedo di prendere una decisione definitiva. Dobbiamo sapere se il giorno dopo le primarie al Nazareno intendono ricreare un’alleanza che guardi a sinistra oppure rivolgersi di nuovo a pezzi della destra e a Verdini”. Boato del pubblico.

video di Manolo Lanaro e Alberto Sofia

In pochi si attendevano una presa di posizione così netta contro il Pd renziano. Ma tra quei pochi c’erano forse i componenti del Movimento dei Democratici e Progressisti, loquaci quanto mai davanti all’entrata del Brancaccio. Spiega Francesco Laforgia, capogruppo alla Camera: “L’operazione consiste nel raccogliere tutto ciò che di buono, ed è tanto, è rimasto fuori dal Pd”. Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della Regione Lazio, tra i primi ad arrivare, scandisce: “Allargare, allargare, allargare, questo è l’obiettivo di Pisapia”. Che per sua natura, afferma chi da tempo lo spinge a impegnarsi in una sfida nazionale, è un “federatore, una persona capace di dialogare e trovare la sintesi”. Non solo tra il nascente Campo Progressista e gli scissionisti guidati da Rossi, Bersani e Speranza.

L’operazione dell’ex sindaco arancione, a sentire le opinioni di chi gli sta vicino, risulta ancor più ambiziosa: spingersi, cioè, fino a creare un listone unico che raccolga tutte le forze alla sinistra del Pd, da Possibile di Pippo Civati fino ai sostenitori di Andrea Orlando nella sfida congressuale. I confini di questo nuovo campo, del resto, è lo stesso Pisapia a suggerirli. Da un lato, infatti, non solo saluta Cuperlo, ma lascia al governatore laziale Nicola Zingaretti, che domani ufficializzerà il suo appoggio al ministro della Giustizia nella corsa alla segreteria del Pd, l’onore dell’intervento che apre l’iniziativa odierna. Dall’altro strizza l’occhio a Sinistra Italiana. Lo fa dal palco prima in maniera indiretta, quando saluta Maurizio Landini e ribadisce l’importanza di “parlare coi corpi intermedi, dall’associazionismo ai sindacati”, anziché illudersi – altra bordata a Renzi – di poter “risolvere i problemi del Paese affidandosi solo ai propri amici”. E poi in modo ancor più diretto: “Ai compagni di Sinistra Italiana dico che quella di un’unione larga è l’unica prospettiva credibile per ricreare una forza di sinistra in grado di incidere. Su tante battaglie saremo insieme”.

Non passa inosservata, allora, la presenza di Nicola Fratoianni. Il neosegretario di Si mostra ritrosia, dice essere al Brancaccio “innanzitutto per curiosità, senza preclusioni”. Ma se gli si domanda delle reali prospettive di alleanza con chi finora ha condiviso le politiche renziane, evita toni divisivi: “Inutile soffermarsi sulle divergenze del passato. Chi ha sostenuto l’ex premier per noi ha commesso errori gravi, ma la possibilità di stringere dei patti dipende dalle scelte che verranno fatte a partire da oggi in avanti”.

L’altro interrogativo, ovviamente, è capire poi se davvero – come qualcuno, ad esempio Civati, comincia a vociferare – i non renziani rimasti ancora nel Pd, all’indomani delle primarie potrebbero unirsi agli scissionisti se fosse l’ex premier a trionfare. Vittorio Merola, sindaco di Bologna, e lo stesso Zingaretti, due dem fedeli ad Orlando, confermano che “la possibilità di costruire un centrosinistra davvero ampio è possibile solo se a vincere fosse il guardasigilli”. Ma se così non fosse, quali sarebbero le conseguenze? La risposta è nel sorriso enigmatico di Merola: “Si vedrà. Ma noi faremo di tutto perché sia Orlando a vincere, o comunque ad ottenere il risultato migliore possibile”.

Insomma, è ancora troppo presto per definire con esattezza cosa avverrà di qui alle elezioni del febbraio 2018. Per capire, ad esempio, se la rete di sindaci ed ex sindaci (non solo Pisapia e Merola, ma anche Massimo Zedda, seduto in platea, e Andrea Doria, costretto all’ultimo a disertare per un contrattempo) gestirà la regia di Campo Progressista; e per capire, soprattutto, se questo listone unico di sinistra si farà. “Siamo alla prima puntata di un film che sarà molto lungo – dice un ex deputato di Sinistra Italiana, ora approdato in Mdp – Non potete chiederci oggi di rivelarvi il finale”. Paura di fare spoiler? “No. Il punto è che ancora non lo sappiamo neanche noi, come andrà a finire”.

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