Giuseppe Pecoraro, il benzinaio reo confesso che ha bruciato vivo il clochard Marcello Cimino a Palermo, conosceva da tempo la sua vittima. Avevano mangiato spesso insieme nella mensa della missione dei Cappuccini, a pochi metri dove il senzatetto è stato dato alla fiamme nella notte tra venerdì e sabato. Un omicidio maturato in un contesto di solitudine e stenti, animato dal sospetto che Cimino avesse una relazione con la compagna di Pecoraro. Alcuni testimoni, sia pure con qualche difficoltà, hanno raccontato di aver visto litigare i due davanti al negozio di frutta e verdura di piazza Cappuccini, a pochi metri dalla mensa.

L’identificazione di Pecoraro è stata possibile grazie al video ripreso dalle telecamere installate nei pressi della mensa e dai tanti riscontri trovati dalla squadra omicidi della questura. Lunedì 13 marzo è prevista la convalida del fermo di Pecoraro che finora non ha mostrato alcun segno di pentimento. Anzi, ha tentato di giustificare il suo gesto, dopo avere inizialmente cercato di negare tutto. “Giuseppe Pecoraro nel corso dell’interrogatorio era molto confuso e ansioso. Più volte, mentre veniva sentito dagli uomini della Squadra mobile, ha chiesto di potere avere i suoi farmaci che prende abitualmente per una malattia di natura psichiatrica. Non è stato possibile perché sarà il medico del carcere a stabilire se Pecoraro dovrà assumerli”, ha raccontato l’avvocato Brigida Alaimo, che insieme alla collega Carolina Varchi difende il benzinaio, mentre l’avvocato Giuseppe Giamportone si è offerto di assistere gratuitamente i familiari della vittima. Le indagini sono coordinate dal pm Maria Forti.

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