Con una serie di atti e dichiarazioni – ora simboliche, ora reali, sempre clamorose – Donald Trump ha rivoluzionato il paesaggio della politica americana. Nelle prossime ore, soprattutto a partire dalla prossima settimana, c’è da aspettarsi un nuovo episodio della storia. Trump sta infatti per nominare il giudice della Corte Suprema che dovrà sostituire Antonin Scalia. “Sceglierò il giudice giovedì prossimo (2 febbraio)”, ha scritto il presidente in uno dei suoi tanti tweet.

Nella frase di transizione, Trump ha selezionato 21 candidati per il posto. Nelle ultime ore la lista di è ristretta a tre nomi: i giudici Neil Gorsuch, Thomas Hardiman e Bill Pryor, con i primi due favoriti. In un’intervista a Sean Hannity di Fox News, Trump ha anzi detto di aver già preso la sua decisione, “anche se questa può cambiare all’ultimo momento”.

I tre giudici, come ampiamente previsto, hanno solide credenziali conservatrici. Neil Gorsuch, 49 anni, è giudice del Decimo Circuito delle Corti d’Appello dal 2006, nominato da George W. Bush. Ha scritto un libro, The Future of Assisted Suicide and Euthanasia in cui, dopo aver soppesato le diverse posizioni etiche e legali, arriva alla conclusione che l’eutanasia non dovrebbe in nessun modo essere legalizzata. Gorsuch è anche un accanito difensore della libertà religiosa. In almeno due casi si è dichiarato a favore della richiesta di istituzioni e datori di lavoro cristiani di essere esentati dall’obbligo di fornire contraccezione alle proprie impiegate – come previsto dall’Obamacare.

Gorsuch non è un pasdaran anti-aborto e questo potrebbe essere un altro punto a suo favore; i democratici non dovrebbero mettere in piedi un’opposizione troppo serrata. Da un punto di vista legale, Gorsuch è per un’interpretazione letterale, e “originalista”, della Costituzione; proprio come Antonin Scalia, il giudice che dovrebbe andare a sostituire (lo avvicina a Scalia anche l’acutezza e la profondità della scrittura legale). Il fatto di essere giovane per gli standard della Corte Suprema – il più giovane nominato alla Corte negli ultimi venticinque anni – ne fanno una scelta perfetta per i repubblicani.

Thomas Hardiman ha 51 anni, viene da Pittsburgh, è figlio di un tassista e per pagarsi gli studi di legge a Georgetown University ha guidato anche lui un taxi. A differenza degli altri candidati, e degli attuali giudici della Corte, non è andato in un’università Ivy League. Le origini working class, gli studi non così aristocratici e uno stile giudiziario legato alle cose, ai fatti, più che alle idee e alle tradizioni, ne fanno il rappresentante perfetto di quel movimento sociale e di opinione che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca. Hardiman ha due cose che dovrebbero piacer molto al nuovo presidente. E’ un sostenitore del Secondo Emendamento – in un caso arrivato davanti al suo Terzo Circuito del New Jersey, Hardiman si è dichiarato assolutamente a favore del diritto di portare un’arma in pubblico; ed è un collega della giudice Maryanne Trump Barry, la sorella del presidente, che sta quindi facendo un’accanita attività di pressione sul fratello. Anche Hardiman non si è esposto più di tanto sulla questione spinosa dell’aborto: altra buona ragione per considerarlo favorito.

Rimane Bill Pryor, che è anche il nome più controverso. E’ stato attorney general dell’Alabama negli anni Novanta (a quell’epoca risale la sua amicizia con l’attuale segretario alla giustizia di Trump, Jeff Sessions); in Alabama si è messo contro i conservatori, revocando la nomina del chief judge dello Stato che si era rifiutato di rimuovere una statua sui Dieci Comandamenti dallo spazio antistante la Corte Suprema. Personalità indipendente e imprevedibile, Pryor ha preso posizione a favore di immigrati che fuggono i paesi d’origine per ragioni religiose o sessuali; ha anche invocato la clausola dell’Eguale Protezione nel caso di una persona transgender licenziata. In almeno due occasioni si è però espresso in modi che lo rendono una bestia nera per i democratici. Ha definito la Roe v. Wade, la sentenza che legalizzò l’aborto, “il peggior abominio della storia costituzionale”. E ha difeso la legge del Texas contro la sodomia. Grazie al suo essere fuori da schemi e schieramenti, Pryor è probabilmente la scelta preferita di Trump. Ma è anche la scelta che farebbe nascere più problemi nel fronte progressista e in quello conservatore.

Giovedì dunque sapremo chi è il prescelto. Inutile dire che la nomina di un giudice è uno degli atti più importanti nella vita politica americana. I nove membri della Corte Suprema dicono la parola decisiva su un ampio spettro di questioni. Sono state sentenze della Corte Suprema a legalizzare l’aborto e i matrimoni gay; sono state sentenze della Corte a smantellare la segregazione razziale, a decidere le forme di finanziamento della politica, i diritti di chi lavora e i limiti dell’attività sindacale, del porto d’armi, a sostenere la costituzionalità dell’Obamacare e della pena di morte. Una maggioranza conservatrice o progressista della Corte può orientare il corso della società americana per decenni. E’ quello che è successo negli anni di Roosevelt; è quello che è successo negli anni Sessanta e Settanta (quando la Corte ha accompagnato i cambiamenti sociali); ed è quello che è successo a partire dalla rivoluzione di Ronald Reagan, quando la Corte si è spostata in senso nettamente conservatore.

Prima della morte di Antonin Scalia, un giudice di straordinaria dottrina e uno dei grandi ideologi della destra americana, la maggioranza della Corte era in mano ai conservatori – cinque contro quattro. Barack Obama ha cercato negli ultimi mesi di presidenza, senza successo, di imporre un proprio candidato, il moderato Merrick Garland. Ora Trump ha la possibilità di ricostituire la maggioranza conservatrice. Trump, a dire il vero, ha forse anche un’altra possibilità. Tra i giudici liberal, Ruth Bader Ginsburg ha 84 anni; Stephen Breyer 79. E’ quindi possibile che il nuovo presidente, nei prossimi quattro anni, possa sostituire uno dei liberal con un altro conservatore. Ciò che renderebbe finalmente una realtà il sogno della destra religiosa e sociale americana: cancellare la tanto detestata legge sull’aborto.

E’ questo che rende l’attesa dei conservatori Usa così vibrante e carica di speranze; è questo che rende così preoccupati i progressisti. Aspettiamoci dunque di tutto alle audizioni di conferma del nuovo giudice al Senato. I democratici promettono battaglia e ostruzionismo. Trump ha chiesto ai suoi repubblicani di attivare la cosidetta “nuclear option”; e cioè bloccare l’ostruzionismo con la maggioranza semplice e non con i sessanta voti tradizionalmente richiesti dal Senato. Sarebbe la prima volta che accade, per un atto così delicato come la nomina di un giudice della Corte. Ma “prima volta” e “opzione nucleare” sono termini che si adattano molto bene allo stile di governo del nuovo presidente degli Stati Uniti.

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