Piombino, città d’acciaio, aspetta risposte. Il piano di rilancio dello stabilimento siderurgico ex Lucchini acquisito due anni fa dall’algerina Cevital prosegue a rilento a causa di ritardi nella chiusura del piano di finanziamento. Una situazione di stallo che il comitato di sorveglianza della Lucchini (in amministrazione straordinaria dal 2012) definisce “estremamente critica”. Istituzioni locali e sindacati chiedono chiarezza sul rispetto degli impegni presi dal numero uno Issad Rebrab. Lo stesso aveva fatto a fine novembre l’ex premier Matteo Renzi, in visita nella città toscana durante il tour per il Sì al referendum. Ilfattoquotidiano.it ha contattato Fausto Azzi, ad di Aferpi (la controllata di Cevital che ha riassunto i 2.183 ex Lucchini) per chiedere chiarimenti, ma il manager non ha rilasciato dichiarazioni. La Regione sta monitorando la situazione: “Il progetto – dichiara a ilfatto.it Gianfranco Simoncini, consigliere del governatore Enrico Rossi – è molto importante e Cevital ha già investito 100 milioni di euro. Attendiamo la convocazione al ministero”. Che inevitabilmente slitterà in attesa dell’insediamento del governo Gentiloni e dell’esame del dossier da parte del nuovo titolare dello Sviluppo economico.

La firma di Palazzo Chigi e il piano cambiato in corsa – Il preliminare di vendita dello stabilimento piombinese venne firmato il 9 dicembre 2014 alla presenza dell’ex premier Matteo Renzi. Il piano industriale originario prevedeva 120 milioni d’euro d’investimenti per la realizzazione di due forni elettrici (il primo sarebbe dovuto entrare in funzione nella “seconda metà del 2016”, il secondo “dopo il 2017”), 200 per il polo agroalimentare e 30 per la logistica. Dal 2014 a oggi le cose sono però cambiate. A ricordarlo è il commissario straordinario Piero Nardi nella relazione finale presentata lo scorso 16 novembre: “La ripresa del mercato non si è verificata”, lo sviluppo del progetto siderurgico ha visto triplicare i costi d’investimento e “il mercato finanziario è entrato in crisi”. Lo scorso 1 agosto al ministero è stato così presentato un piano con investimenti da 575 milioni di euro per nuova acciaieria e treno rotaie. Slittati anche i tempi per la produzione di acciaio: la prima colata arriverà solo nel 2019.

Rischio blocco delle attività nei primi mesi del prossimo anno – Nardi sostiene che “la mancanza di finanziamenti per il circolante potrebbe portare a un sostanziale blocco dell’attività produttiva nei primi mesi del 2017″. Mentre il Comitato di sorveglianza della Lucchini Spa in amministrazione straordinaria parla di “situazione di stallo ormai divenuta estremamente critica” in relazione alla “perdurante dilazione” del “finanziamento del Piano (da parte di azionisti, banche, istituzioni finanziarie pubbliche e private)”. Negli ultimi giorni però Rebrab ha versato ulteriori 10 milioni nelle casse di Aferpi. L’imprenditore, si legge nella relazione di Nardi, sostiene che “va concesso il tempo necessario allo svolgimento di un buon lavoro”. Il governo e la Regione dovrebbero poi “mettere a disposizione ogni energia per indurre il sistema creditizio italiano a concedere gli affidamenti per garantire la continuità produttiva nelle more della definizione degli investimenti e del relativo finanziamento”.

Sindacati preoccupati: “Se salta il progetto, salta tutto” – I treni di laminazione procedono a singhiozzo. Ogni giorno sono presenti in fabbrica circa 600 lavoratori: “I contratti di solidarietà – chiarisce al fattoquotidiano.it il segretario provinciale della Fiom Luciano Gabrielli – scadranno il 30 giugno 2019″. Il piano prevede a regime l’impiego di 1.400 lavoratori nel comparto siderurgico e i restanti suddivisi tra logistica (“al momento sono 165”) e agroalimentare (“c’è ancora poca chiarezza”). Il sindacalista mette in guardia: “Se salta il progetto Rebrab, salta tutto: non possiamo andare avanti solo con la laminazione, vogliamo produrlo l’acciaio”. La pensa allo stesso modo il segretario Fim-Cisl Fausto Fagioli: “Ogni piano alternativo a quello di Rebrab potrebbe comportare un serio ridimensionamento occupazionale”.

M5S all’attacco: “E’ il fallimento del Pd toscano” – Il gruppo consiliare regionale del M5S attacca il Pd: “Il fallimento del progetto Rebrab non sarebbe la caduta di un imprenditore algerino troppo speranzoso – perché lanciatosi nel comparto siderurgico quando è specializzato nell’import-export agroalimentare – ma l’ennesimo esempio di imperdonabile incapacità di governo del sistema Pd toscano”. Critico anche il coordinamento “Articolo 1 – Camping Cig“: “Non è più possibile mascherare l’allarmante situazione in cui versa il progetto Piombino. La relazione finale di Nardi ha dato la sveglia”.

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