Continua senza sosta la ricerca sull’Alzheimer: poco più di un mese fa da Zurigo era arrivato la notizia che un farmaco riusciva a rallentare il declino cognitivo. Oggi la buona notizia arriva da Londra. La terapia genica può fermare la malattia, prevenendo la formazione di pericolose placche nel cervello e preservando le funzioni cognitive come è avvenuto in un esperimento pionieristico condotto sui topi all’Imperial College di Londra anche grazie ai finanziamenti dello European Research Council.

I risultati, pubblicati sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas), potrebbero aprire un nuovo filone di ricerca per combattere la forma di demenza più comune al mondo, che conta più di 600.000 malati in Italia, le cui origini sono ancora ignote. “Sebbene i risultati della sperimentazione siano molto preliminari – spiega la coordinatrice dello studio, Magdalena Sastre – ci indicano che la terapia genica potrebbe avere un’applicazione nei pazienti”, per prevenire l’Alzheimer o per fermarlo negli stadi iniziali.

“Ci sono ancora molti ostacoli da superare, e al momento l’unico modo per somministrare la terapia è tramite un’iniezione diretta al cervello. In ogni caso – precisa – si tratta di un’importante prova di principio, che dimostra come questo approccio meriti ulteriori approfondimenti”. L’esperimento apripista è stato effettuato veicolando nel cervello un particolare gene, chiamato PGC1-alfa, noto per la sua capacità di prevenire (almeno in provetta) l’accumulo della proteina beta-amiloide tipica dell’Alzheimer. Il gene è anche coinvolto nel metabolismo di grassi e zuccheri, e diverse ricerche in passato hanno dimostrato che la sua attività può essere potenziata grazie all’esercizio fisico e agli integratori di resveratrolo, una potente molecola antiossidante.

Alla luce di queste proprietà, il gene PGC1-alfa è stato veicolato nelle cellule dell’ippocampo e della corteccia cerebrale di topi ancora nelle fasi iniziali di malattia. Per farlo, i ricercatori hanno sfruttato come cavallo di Troia un virus modificato e reso innocuo, chiamato lentivirus, già impiegato in altri tipi di terapia genica. A distanza di quattro mesi, il trattamento ha quasi bloccato la formazione di placche di amiloide, preservando le capacità mnemoniche, le cellule dell’ippocampo e riducendo il numero di cellule gliali responsabili dell’infiammazione.

Due mesi fa sempre i ricercatori britannici, quelli di Cambridge, hanno tracciato “la firma genetica” dell’Alzheimer svelando come la malattia si diffonde. 

L’abstract su Pnas

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