In Italia i treni trasportano merci pericolose fino a 90 chilometri orari in mezzo ai centri abitati senza l’obbligo di una valutazione del rischio per la popolazione. La rete ferroviaria, infatti, è esclusa dalla normativa “Seveso” (l’ultima direttiva Ue è stata recepita nel 2015) e non è considerata “Stabilimento a rischio di incidente rilevante”. Le prescrizioni di sicurezza riguardano principalmente le caratteristiche dei carri cisterna e l’obbligo di analisi del rischio si limita al carico e scarico – che avviene quasi esclusivamente all’interno degli stabilimenti – e al trasporto intorno ai poli chimici. Nessuna valutazione del rischio è richiesta per le tratte lunghe tra porti, depositi e stabilimenti, quando le cisterne passano anche a 90 orari in mezzo alle città. Così com’è successo nel caso della strage di Viareggio: il treno che provocò la morte di 32 persone il 29 giugno 2009 era partito da Trecate, in Piemonte, e era diretto a Gricignano, in Campania.

Eppure il modo di valutare il rischio per gli abitanti c’è e prende in considerazione il rapporto tra la pericolosità della merce, l’intensità del traffico, le caratteristiche della linea ferroviaria e dei convogli, le condizioni meteo e la popolazione esposta. Sono metodi “consolidati e standardizzati” ricorda Sarah Bonvicini, ricercatrice dell’Università di Bologna. Noti da decenni agli studiosi che si occupano di incidenti rilevanti, ma ignorati dalla legge. “La direttiva europea – spiega – non considera come sorgente di rischio il trasporto ferroviario. Questo fatto è incomprensibile perché, se il gpl è stoccato in un serbatoio all’interno di un deposito, è considerato come una potenziale causa di incidente rilevante. Se viaggia all’interno di una ferro-cisterna, no. In passato sono stati effettuati studi di rischio per qualche scalo e anche per alcune tratte ferroviarie; ma si tratta di valutazioni eseguite a titolo volontario, non come adempimento a un preciso obbligo di legge”.

Quante cisterne cariche di sostanze infiammabili o tossiche circolano in Italia? “Questi dati sono nella disponibilità del gestore del trasporto ferroviario” dice Bonvicini. Ma i sindaci possono farseli dare, per il territorio che gli compete. Potrebbero persino, con un’ordinanza, stabilire “la non attraversabilità dei propri comuni” o “imporre condizioni restrittive” al passaggio delle merci pericolose, una “possibilità ancora poco sperimentata nel nostro Paese”, si legge in un documento della Città Metropolitana di Milano.

Ferrovie dello Stato e i suoi gruppi (come Trenitalia Cargo, responsabile del trasporto merci, e Rete Ferroviaria Italiana, dell’infrastruttura) hanno effettuato una valutazione del rischio per i centri abitati attraversati da ferro-cisterne cariche di merci pericolose? E’ possibile conoscerne i risultati? Ilfatto.it lo ha chiesto a Ferrovie, che però ha mandato solo una nota. “Nei primi anni 2000 – fa sapere l’azienda – i vertici delle Ferrovie dello Stato hanno incaricato le università di Bologna, di Roma (La Sapienza) e di Milano (Politecnico) di elaborare uno studio finalizzato ad approfondire tematiche connesse al rischio di esercizio del trasporto di merci pericolose. In tale contesto è stato anche valutato il rapporto fra itinerario dei convogli e rischio ambientale, elaborando un indice di pericolosità per tratte, connesso anche alla tipologia delle sostanze trasportate. Il risultato di tali studi è stato sintetizzato nel 2004 in un documento denominato Piano Operativo Merci Pericolose, le cui linee programmatiche sono state poi recepite”. Ilfatto.it ha chiesto di vedere questo piano operativo, ma il gruppo non ha risposto. Quanto a Viareggio, spiega Ferrovie, “nel caso del tragitto Trecate-Gricignano, il percorso assegnato al treno coinvolto nel disastro ferroviario di Viareggio era individuato come quello con minore indice di rischio secondo i criteri dello studio”.

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