E se, ignari, ci trovassimo immersi nel più grande esperimento a cielo aperto, mai condotto nella storia dell’umanità? Avvolti in un brodo elettromagnetico senza precedenti, di cui ancora si fatica a comprenderne rischi per la salute umana e pericoli per le sorti del pianeta? La più grande limitazione alla libertà di gestione della propria salute pare sia ogni giorno sotto i nostri occhi e che ci venga irradiata addosso, sulla pelle anche di bambini, anziani e malati, senza accorgercene. “L’industria della telefonia ha un preciso interesse nel far credere al pubblico che le onde elettromagnetiche, invisibili, silenziose e senza odore, siano sicure per la salute, ma ciò non è vero. Bisogna usare particolare cautela per proteggere i bambini. È urgente intervenire per evitare che vengano installate tecnologie Wi-Fi, sostituibili con attrezzature cablate.”

Fotos produzidas pelo Senado

Stridono le ponderate parole di Martha Herbert (ricercatrice neurologia pediatrica dell’Harvard University, già nel gruppo Bioinitiative i cui esiti di precauzione per la riduzione dell’elettrosmog vennero accolti nel 2011 dal Consiglio d’Europa) al cospetto del piano di governo, promosso ieri da Matteo Renzi, per la banda larga e ultra larga; un progetto per portare la connessione internet senza fili in ogni dove d’Italia, persino nelle zone rurali e nei paesini più sperduti tra le montagne. Il tutto, stando alle rivendicazioni del fronte precauzionista che in questi giorni sta facendo quadrato per sollevare il dubbio sulla legittimità dell’operazione, al netto delle divergenti prove medico-scientifiche, cioè senza una certezza univoca sugli esiti a breve, medio e lungo termine degli effetti biologici non termici che l’annunciato innalzamento incontrollato delle radio frequenze inevitabilmente comporterà. Sulla salute di ognuno di noi. Perché i parametri di soglia fissati per legge sono obsoleti e non considerano (chissà perché?) gli effetti plurimi delle esposizioni continuative, per giunta stabiliti attraverso simulazioni condotte in laboratorio su manichini riempiti di gel (da cui gli unici effetti termici riconosciuti!).

Da qui partono le preoccupazioni dei No Wi-Fi Days: 10.000 segnali Wi-Fi simbolicamente spenti, tra ieri e fino ad oggi, per chiedere al premier un passo indietro, perché tra business e salute pubblica non si può correre il rischio di continuare a far prevalere la prima, nonostante i 250 milioni di investimenti annunciati dal ministro Martina: “Quale ruolo riveste la coalizione del Fixed Wireless Access, (Cfwa formata da 52 soci fondatori privati) nella definizione dei piani del governo per lo sviluppo della banda larga e ultra larga?” – chiede il comitato promotore dell’iniziativa No Wi-Fi che, oltre a medici e ricercatori, raggruppa le maggiori associazioni nazionali di affetti da malattie ambientali altamente invalidanti – “Quali provvedimenti di sanità pubblica sono stati studiati e verranno adottati, anche in funzione degli effetti cumulativi, per tutelare il diritto (garantito dalla Costituzione) alla protezione della salute dei cittadini, sempre più sottoposti alle pericolose radio frequenze ubiquitarie?

In virtù del principio di precauzione, verranno introdotti limiti esposizione più stringenti e obiettivi qualità, proprio per contenere al minimo ogni eventuale rischio sanitario? Sono state vagliate politiche di prevenzione con conseguenziali azioni, anche di informazione e comunicazione sociale, per salvaguardare l’ambiente, il paesaggio e le aree sensibili? E’ stato predisposto un catasto generale degli impianti Wi-Fi, per consentirne una mappatura su tutto il territorio nazionale? E’ stato pensato di ricevere, prima della messa in funzione di nuove migliaia di hot spot con tecnologia wireless, un parere preventivo da parte di Arpa, residenti e comitati di cittadini, che altrimenti ne subirebbero passivamente le installazioni, ignari dei pericoli per la salute pubblica? Sono stati messi a punto degli osservatori regionali sulle fonti di emissione elettromagnetica, stanziando un fondo per la ricerca anche a scopo di studi epidemiologici? Sono stati pensati, così come già in altri Paesi d’Europa, percorsi alternativi o aree pubbliche Free Elettrosmog Zone, a salvaguardia soprattutto delle persone con gravi disabilità ambientali come la sensibilità chimica multipla e l’elettrosensibilità?”. Finora s’è appreso solo del budget governativo stanziato e che, presto, seguirà un bando di gara per l’appalto di nuovi accessi wireless. Cioè altro elettrosmog liberamente nell’aria. Tutela della salute? Stranamente, non pervenuta!

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