Testimonianze dei colleghi, racconti degli amici d’infanzia, l’addio al padre della figlia Alessia, gli appunti sulla ‘Terra dei fuochi’. Nel libro ‘Io, morto per dovere’ dei giornalisti Luca Ferrari e Nello Trocchia (edito da Chiarelettere) si racconta l’uomo e il poliziotto, con pistola nella fondina e Il Manifesto sotto il braccio. “Era marxista, credeva nel suo mestiere per proteggere i deboli. Prese esempio da Falcone, seguì il percorso dei soldi, delle banche e scoprì il traffico dei rifiuti” racconta la moglie Monica Dobrowolska ai microfoni de ilfattoquotidiano.it. Ogni aspetto della vita di Roberto Mancini è documentato con scrupolosa attenzione dai due autori. Ma soprattutto si dà forza alle sue informative, indagini e report sugli eco-reati in Campania realizzati fin dal 1996. Fu il primo, lavorando con la Criminalpol, a scoprire i veleni sversati nelle zone tra il napoletano e il casertano. Il pentito Carmine Schiavone in elicottero gli mostrò ogni lembo di terra contaminato dai rifiuti tossici e radioattivi. Si ammalò di cancro per questo e dopo anni di malattia morì nel 2014. Le sue indagini furono secretate e lasciate in un cassetto per anni, tornate alla luce solo con quindici anni di ritardo. “A Mancini non piaceva la parola eroe. E’ ora di normalizzare l’impegno quotidiano. La terra dei fuochi – spiega Trocchia – non è solo Camorra, ma un groviglio d’interessi imprenditoriali, massonici, politici. Dietro ad una discarica abusiva, il percolato inquinante, rifiuti tossici c’è chi come professionista non ha fatto il suo dovere e ha lavorato non nell’interesse della comunità ma per scopi personali”. “Chi ha inquinato negli anni ’90, gli imprenditori indicati da Mancini nelle sue informative, continuano ad operare in Campania in tranquillità, lavorano per le bonifiche, uno scandalo. C’è bisogno di un’operazione trasparenza, ma lo Stato fa poco e male” aggiunge il cronista. “Roberto è stato abbandonato, lasciato solo, ma nonostante la malattia avrebbe rifatto tutto da capo, per la gente, non per le istituzioni, per salvare i figli delle madri della terra dei fuochi. I bambini muoiono a sei mesi, non è stile di vita come qualche politico prova a dire, è una seconda Chernobyl e lo Stato fa finta di nulla” rincara la dose Monica. Oggi la storia di Roberto sarà più popolare non solo grazie al libro, ma alla fiction trasmessa dalla Rai ‘Io non mi arrendo’ con Beppe Fiorello che ha riscosso grande successo. “Voleva vedere i colpevoli in galera, e si aspettava in vita una chiamata dalla Stato, ma sono arrivate soltanto le corone di fiori dopo, per onorarlo davvero serve sbattere i colpevoli dietro le sbarre e salvare una terra saccheggiata ricordiamolo spesso con il sigillo di Stato” ricorda Trocchia. “E’ come per Falcone e Borsellino, gli eroi hanno un valore soltanto da morti” chiosa Monika

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