L’Italia dovrebbe chiedere la “revisione, da avviare entro giugno 2018″ della direttiva Ue che prevede il bail in, la norma che dal 1° gennaio permette alle banche in difficoltà di attingere in primo luogo ai fondi degli azionisti e degli obbligazionisti e se necessario da quelli dei correntisti con più di 100mila euro. Parola del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco secondo cui la stessa norma “contiene una clausola che prevede la revisione”, “occasione che va sfruttata, facendo tesoro dell’esperienza”. Via Nazionale e il Tesoro, ricorda Visco, avevano chiesto invano in sede di definizione della norma di non applicarla retroattivamente e un “passaggio graduale e meno traumatico”.

Immediata e gelida la risposta della Commissione Ue. “Non ci sono piani di cambiare la Brrd – ha spiegato nel pomeriggio un funzionario, senza citare le parole di Visco – la direttiva è stata adottata nel 2014 con il consenso di una stragrande maggioranza al Parlamento europeo e con l’accordo unanime degli Stati membri”. “Da un anno e mezzo si sa che il bail-in dei creditori avrebbe protetto i contribuenti”, ha spiegato ancora il funzionario. La Commissione ricorda anche di aver messo in atto misure per evitare i fallimenti delle banche con la legislazione sui requisiti Crd/R che obbliga le banche ad avere più capitale e di migliore qualità e ad avere sufficiente liquidità per assorbire le oscillazioni del mercato.

La normativa era stata votata dai maggiori partiti in Ue e in Parlamento – L’allarme di Visco, intervenuto al congresso Forex dove ha presentato il documento della vigilanza di Palazzo Koch che riassume le azioni di controllo su Banca Etruria, Cariferrara, Carichieti e Banca Marche, arriva quando i buoi sono scappati. Perché la norma è entrata a far parte dell’ordinamento italiano per volere dei maggiori partiti, Partito Democratico in testa, e senza che le istituzioni preposte a vigilare sulla salute delle banche dicessero nulla per mettere in guardia le istituzioni sul reale stato di salute degli istituti.

La direttiva Ue 2014/59 del 15 maggio 2014 “che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento” era stata votata al Parlamento Ue da tutti gli esponenti dei partiti italiani, tranne che dai membri di Fratelli d’Italia e una parte della Lega Nord. Quando poi la palla è passata a Roma e il Parlamento si è trovato a dover adottare la normativa è capitata la stessa cosa: il 2 luglio 2015 l’aula della Camera approvò in via definitiva l’articolo 8 della legge di delegazione europea 2014 che recepiva 56 direttive e 9 decisioni quadro della Ue con 270 sì, 113 no e 22 astenuti. Tutti d’accordo esclusi Forza Italia, Fdi, Lega e Movimento 5 Stelle.

Intanto nessuno degli istituti di vigilanza avanzava dubbi sul reale stato di salute delle banche. I cori erano tutti orientati a magnificare le virtù della direttiva europea. Il bail in, affermava il 18 marzo 2015 – in attesa che la norma fosse recepita nell’ordinamento italiano – il capo della Vigilanza della Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, rappresenta “lo strumento più innovativo di una procedura di risoluzione” delle crisi degli istituti di credito. Così, mentre gli altri Stati europei, la Germania in primis, avevano previsto negli ultimi anni provvedimenti per puntellare i loro istituti con iniezioni di miliardi in vista dell’introduzione della normativa, in Italia le istituzioni hanno continuato a rassicurare risparmiatori e investitori sulla tenuta delle banche. Sulle quali avanzava dubbi la Banca Centrale Europea, che a fine 2015 ha incluso 15 istituti italiani tra i 129 che in Europa meritano di essere tenuti sotto vigilanza diretta.

“Banca Etruria, nel 2013 Bankitalia emise giudizio sfavorevole” – Al congresso Forex Visco ha affrontato anche la questione di Banca Etruria, caso emblematico della fragilità di parte del sistema italiano. La Banca d’Italia, ha detto in mattinata il governatore, ha affrontato negli ultimi 15 anni circa 100 crisi bancarie e la “sequenza di interventi” adottati nei confronti dei 4 istituti popolari finiti di recente al centro dello scontro politico è avvenuta “come in tutti gli altri casi”.  Tuttavia “nessuna attività di vigilanza, in nessun Paese, è in grado di azzerare il rischio di crisi bancarie, specialmente in periodi di grave recessione”. In particolare, per quanto riguarda l’istituto aretino, i primi “seri problemi” emersi vennero alla luce nell’ispezione disposta a fine 2012 e conclusa a marzo 2013. Secondo Banca d’Italia l’ispezione evidenziò un giudizio in prevalenza sfavorevole e l’incapacità degli organi aziendali di risanare la banca con un forte deterioramento dei crediti. Il patrimonio comunque era ancora sopra i minimi e nell’agosto del 2013 la banca aveva un capitale di 100 milioni.

Bankitalia, a fine 2013, dopo la prima ispezione, chiese a Etruria una serie di “decise misure correttive” e, soprattutto, l’integrazione in un gruppo in grado di apportare capitale. Nel 2014 il cda banca rifiutò l’unica offerta ufficiale “autonomamente avanzata dalla Banca Popolare di Vicenza” e così fu inviata una nuova ispezione, che si svolse da novembre 2014 a febbraio 2015 e che portò poi al commissariamento. Un concetto ribadito sul sito di Bankitalia: la banca centrale “non ha sponsorizzato una fusione fra Popolare Vicenza e Banca Etruria. L’ipotesi fu autonomamente avanzata dalla banca vicentina. La Vigilanza, come da prassi, ascoltò le ragioni di entrambe le parti per formarsi tempestivamente un giudizio ai fini dell’autorizzazione. Ma il negoziato non proseguì perché le parti non si misero d’accordo e nessuna richiesta di autorizzazione fu mai formalmente avanzata”.

“Banche italiane ben patrimonializzate anche grazie alla vigilanza” – In linea generale comunque la trasformazione delle “maggiori banche popolari in società per azioni”, “consente di realizzare operazioni di aggregazione, non imposte né dalla legge di riforma né dalle autorità di vigilanza ma fondate su logiche di mercato”. C’è poi il panorama del sistema bancario nazionale che a più riprese il presidente del Consiglio Matteo Renzi, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, ma anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella hanno definito “solido”. Secondo Visco “le banche italiane sono ben patrimonializzate, anche grazie all’azione prudente e pressante della vigilanza“. Per il governatore della banca centrale “i crediti deteriorati sono ampiamente coperti da svalutazioni e garanzie”. Visco in questo modo ha richiamato le parole del presidente Bce Mario Draghi secondo cui “non ci saranno nuove richieste di maggiori accantonamenti o di rafforzamento patrimoniale”.

La Banca d’Italia chiede agli istituti di credito italiani di creare, seguendo la possibilità offerta dalle norme europee, un fondo volontario per la gestione delle crisi “aggiuntivo rispetto ai sistemi obbligatori di garanzia dei depositanti”. Questa dovrebbe essere l’alternativa al fondo di risoluzione e per non incorrere nello stop della Commissione Ue. Secondo Visco “il costo” a carico delle banche “sarebbe compensato dai benefici che ne trarrebbero tutte le banche grazie alla rafforzata fiducia della clientela”.

Ora l’accordo raggiunto dal Tesoro con la Ue sulla garanzia statale per la cessione dei crediti “non richiede alle banche ulteriori accantonamenti e pone fine all’incertezza dei mesi scorsi”, dichiara Visco. Questo “può contribuire a un aumento non trascurabile dei prezzi di vendita”. I mercati “hanno reagito in modo altalenante all’annuncio dell’accordo, una analisi accurata dei suoi contenuti e dei suoi effetti contribuirà a una valutazione positiva”. Visco chiede inoltre alle banche di assegnare risorse alla gestione dei crediti deteriorati altrimenti “occorre attivarsi per affidarne la gestione a operatori specializzati”.

Visco si è anche soffermato sullo stato di salute dell’economia italiana. Per il governatore il Pil “potrebbe crescere attorno all’1,5% sia nel 2016 che nel 2017”. Per Visco lo scenario “presuppone che prosegua il rafforzamento della domanda interna, in particolare degli investimenti”. “L’incertezza del contesto internazionale e i suoi riflessi – conclude – i talora disordinati e violenti costituiscono evidenti elementi di rischio”.

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