Qualche giorno fa Matteo Renzi ha annunciato che l’Italia invierà a breve 450 uomini a difesa della diga di Mosul, la più grande in Iraq e la quarta più grande di tutto il Medio Oriente, oltre che la più pericolosa al mondo. Pericolosa, primo perché: essendo parte di essa costruita su un deposito di gesso che l’acqua corrode e sgretola, fin dai primi anni dalla sua costruzione (1980) la diga richiede una manutenzione costante con iniezioni di cemento nelle fondamenta. Secondo: conquistata dall’Isis nella primavera 2014 che ne ha minato tutta l’area circostante per difenderla dai curdi, e da agosto dello stesso anno sotto il controllo proprio dei peshmerga che l’ha riconquistata, è a solo a una trentina di chilometri dai territori controllati dall’Isis. Il compito della missione dunque è difenderla proprio dai terroristi durante i lavori di ristrutturazione da parte di una ditta italiana che ne ha vinto l’appalto.

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Nel 2003, quando i nostri militari della sedicente missione di pace Antica Babilonia si insediano a Nassirya, partiti con l’entusiasmo degli “italiani brava gente”, si scontrano presto con una ostilità da parte della popolazione locale, inaspettata, fino al camion-bomba con 300 chili di tritolo lanciato contro Base Maestrale causando 19 morti tra gli italiani e altrettanti civili iracheni. Pochi mesi dopo, quando il contingente di terra dell’esercito esce dalla base di White Horse per andare a presidiare i ponti di accesso a Nassirya, si trova nella necessità di ingaggiare uno scontro a fuoco per ben diciotto ore, il conflitto a fuoco più lungo dalla 2° Guerra Mondiale in cui si sono trovati gli italiani

Lo scorso settembre diversi sono stati gli attacchi missilistici all’area attorno alla diga a Mosul. E dopo la caduta di Sinjar, riconquistata dai curdi il 13 novembre, gli attacchi si sono fatti più intensi, fino alla battaglia del 19 novembre con armi pesanti e auto-bombe dove 28 miliziani Isis sono stati uccisi dai peshmerga. A inizio dicembre un nuovo attacco ha ucciso sei soldati curdi. Non sembra quindi un posticino così tranquillo. Anzi, la situazione è in continua ascesa al peggio. Considerando che la maggior parte della popolazione che vive in quei territori è composta da sunniti, che sostiene il Califfato. “Il comando del contingente peshmerga a presidio della diga fa sapere, con ragione, che la situazione è difficile a causa del crescente sostegno di cui l’Isis gode tra la popolazione dei villaggi della zona: ‘Noi diamo loro elettricità, e loro ricambiano con le pallottole’”. È un copione già visto: quando i militari di Antica Babilonia uscivano in ricognizione a Nassirya, sentivano arrivargli addosso sassi lanciati da mani del popolo.

Le solite fonti qualificate fanno sapere che “il compito della missione sarà di evitare che la diga di Mosul possa entrare nel mirino di terroristi e far sì che i lavori di risistemazione di questa infrastruttura vitale per l’Iraq – a cura della ditta italiana che ha vinto l’appalto – possano partire”. Troppo tardi! È di queste ultimi giorni la segnalazione dai comandi peshmerga, di incursioni notturne con attacchi suicidi sul centinaio di chilometri del fronte che va da nord-est a ovest di Mosul da parte di guerriglieri Isis pronti a morire, addestrati nelle tecniche del “mordi e fuggi” contemporaneamente su diversi fronti. E nelle ultime ore l’Isis è tornata ad agire anche nelle periferie di Kirkuk, da dove si era ritirata oltre un anno fa. I comandi peshmerga di Erbil tuttavia ci tengono a tranquillizzare gli italiani facendo sapere che saranno protetti dalle loro prime linee.

Tra il 2006 e il 2010 gli Stati Uniti hanno fatto investimenti a Mosul in studi e manutenzione della diga per oltre trenta milioni di dollari. Dollari che ora Obama intende far tornare indietro. Intanto ci chiede di fare la nostra parte nel combattere il cancro Isis, nuovo nazismo. Una ditta italiana vince l’appalto per i lavori di manutenzione. Però, a guardia della diga, anziché contractors privati pagati dalla suddetta ditta, il governo invia 450 soldati. E senza chiedere nulla agli italiani. Considerando che un militare in “missione” costa un milione l’anno, il costo del contingente risulta piuttosto oneroso. Peserà sulle tasse degli italiani?

Abbiamo la netta sensazione che la difesa della diga di Mosul nasconda ben altri disegni, molto più spregiudicati e pericolosi. Non ultimo quello che la difesa della diga sia solo il pretesto per trascinare gli italiani in una guerra all’Isis su terreno. Sarebbe una pessima evoluzione dello stato delle cose, viste anche le ripetute minacce del Califfato a Roma.

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