La Rai, con una lettera del Direttore generale, ha ringraziato i suoi giornalisti per la prova appena fornita attraverso edizioni, corrispondenze e riflessioni in occasione delle stragi di Parigi. Anche noi del resto, appena saputo della situazione da un amico costantemente aggiornato grazie a un servizio della Bbc, ci siamo precipitati sulla, anzi sulle Rai. Che erano, contemporaneamente, ben tre: Rai1, Rai3 e il canale 48 All news. Con le stesse immagini e gli stessi interventi dall’inviato locale (Di Bella). E così, mentre in cuor nostro eravamo grati a chi stava lavorando e ci aiutava a metabolizzare lo stordimento per la notizia, per le conseguenze che ne derivavano, per la minaccia alla nostra vita “normale”, non riuscivamo a scacciare il pensiero che con quei Tg trigemini stavamo assistendo a un enorme spreco.

Non ci sono in realtà fondamenti concreti a questa triplicazione. Un tempo, ma dobbiamo risalire a quaranta anni or sono, al tempo di Dc, Pci e Psi, esistevano chiavi di racconto ideologicamente diverse, corrispondenti al ruolo che quei grandi partiti allora svolgevano, sicché c’era il Tg3 curziano, il Tg2 craxiano e il Tg1 democristiano. Certo, era lottizzazione, ma un qualche tipo di concorrenza e di emulazione in effetti si scatenava. Ma oggi, perché dovrebbe? E il Mannoni, per citare un volto ormai storico che ha condotto attraverso varie repubbliche e che tuttora dipende da Berlinguer (Bianca), non potrebbe tranquillamente trovarsi a condurre un qualsiasi altro Tg della Rai senza sembrare affatto fuori posto?

Tanto più eravamo perplessi perché, sempre spinti dall’emozione del momento, andavamo scanalando nei canali più inconsueti e incontravamo i Tg che gli altri (Inghilterra, Francia, Usa, Germania, Russia, Cina, Spagna e chi più ne ha più ne metta) trasmettevano non per il proprio interno, ma per il resto del mondo. Ovviamente tutti in inglese, perché questa è la lingua del globo. E qui la Rai era del tutto assente perché nessuno le ha mai comunicato di spostare le risorse su questo obiettivo. E dunque non ha redazioni specializzate, non ha una rete di corrispondenti analitica, al di là delle principali capitali, e ovviamente, nulla avendo da trasmettere, non ha accordi di trasmissione con le piattaforme terrestri, satellitari o web nelle varie parti del globo. E così accade che nessuno al mondo, davanti a una tragedia bellica e sociale come quella di Parigi sia in grado, anche solo sul suo iPhone, di vedere comparire il nostro punto di vista.

Del resto, se in Rai i giornalisti e i loro collaboratori organizzativi e tecnici, che nell’insieme non sono inferiori a quelle delle altre grandi televisioni, sono impegnati a moltiplicare le emissioni ad uso interno, e inevitabile che nessuno badi a “parlare al mondo“. Certo, riorganizzare e rifinalizzare è molto più difficile che aggiustare, più o meno, quel che esiste (e che resiste). Ma proprio per questo la vita dei riformatori è dura. Altrimenti bastano i soliti custodi del gregge.

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