Un fondo nero, l’Adidas e quattro voti asiatici finiti alla Germania. L’assegnazione della Coppa del Mondo 2006, quella che vide trionfare l’Italia a Berlino, sarebbe stata comprata così dal comitato promotore. Lo sostiene la versione on-line di Der Spiegel, riproponendo ombre già lunghe sul voto di quindici anni fa. Le accuse del noto settimanale sono così circonstanziate da aver spinto la DFB, la federcalcio tedesca, ad aprire un’inchiesta dopo la pubblicazione dell’articolo. Un terremoto, il più grosso dopo lo scandalo corruzione in Bundesliga negli Anni Settanta, scuote dunque sul calcio tedesco che proprio da quel mondiale ha tratto linfa vitale per la crescita esponenziale degli ultimi otto anni. E di mezzo ci sarebbero (anche) uomini della Fifa, già devastata dalle indagini della Fbi degli scorsi mesi e in attesa di scoprire chi sarà il successore di Sepp Blatter ora che Michel Platini appare in bilico, travolto pure lui dai sospetti di fondi illeciti e con la Federazione inglese che ha annunciato la sospensione dell’appoggio alla sua candidatura.

L’inchiesta di Der Spiegel
Secondo il settimanale tedesco tutto è accaduto prima del 6 luglio 2000, quando la Fifa decise di assegnare i Mondiali alla Germania. Una vittoria al fotofinish sul Sudafrica – che appariva come il favorito e vinse poi la corsa per la Coppa del Mondo 2010 – grazie a un voto in più: 12 preferenze a 11. Il comitato promotore avrebbe creato un fondo nero facendovi confluire 6.7 milioni di euro versati dall’ex Ceo di Adidas, Robert Louis Dreyfus. E una parte di quel denaro – secondo Der Spiegel – sarebbe servito per comprare i voti di quattro rappresentanti asiatici del comitato esecutivo Uefa che, in un clima surriscaldato dallo scandalo delle lettere anonime che promettevano lauti doni in caso di vittoria tedesca, votò a favore di Berlino. Un successo di misura e figlio anche dell’astensione del delegato dell’Oceania, Charles Dempsey, pubblicamente schierato con il Sudafrica. Ma Der Spiegel è andato oltre e parla anche di un pagamento da parte del comitato organizzatore tedesco, presieduto da Franz Beckenbauer, alla Fifa. “Non può non essere stato utilizzato per gli scopi previsti”, ha detto la Federcalcio tedesca che però ora promette di fare chiarezza. Ma per la prima volta non rigetta impassibilmente le accuse al mittente. Già in passato, infatti, erano nati forti dubbi sull’assegnazione di quel mondiale.

Le accuse di Blatter nel 2012
Tre anni fa era stato addirittura lo stesso Blatter, in un’intervista al tabloid svizzero SonntagsBlick, a parlare di Coppa del Mondo comprata. Al giornalista, che gli chiese un parere in merito alle voci di corruzione nell’assegnazione dei mondiali brasiliani, Blatter rispose: “Mondiali comprati… mi ricordo l’assegnazione per il 2006, dove all’ultimo momento qualcuno lasciò la sala ed alla votazione invece di 10 a 10 finì 10 a 9 per la Germania (12 a 11 in realtà, nda)”. E alla domanda seguente – se supponeva dunque che l’assegnazione di quella Coppa del Mondo fosse stata comprata – sentenziò: “Io non suppongo nulla, constato”. Parole che all’epoca furono stroncate dal segretario federale Helmut Sandrock come “nebulose allusioni assolutamente infondate”, mentre Beckenbauer parlò di “dichiarazioni incomprensibili”.

Sospetti anche a giugno
A giugno, nel pieno della bufera Fifa, i giornali inglesi e tedeschi tornarono a parlare di quella vittoria. Secondo il Die Welt, l’assegnazione della Coppa del Mondo 2006 fu influenzata dalla Germania grazie a una fornitura di armi all’Arabia Saudita e da grossi investimenti in paesi asiatici. Secondo il settimanale di Amburgo, che citava Guido Tognoni, all’epoca collaboratore della Fifa, una settimana prima del voto sulla scelta del Paese, il governo Schroeder “revocò all’ultimo minuto” l’embargo sulle armi all’Arabia Saudita, autorizzando una fornitura di lanciarazzi nell’intento di convincere i sauditi, che volevano votare per il Marocco, a dare il loro voto alla Germania. Allo stesso tempo, partirono una serie di importanti investimenti in Paesi rappresentati del comitato esecutivo della Fifa: la Daimler investì cento milioni di euro nella Hyundai (un figlio del fondatore della casa automobilistica sudcoreana era nel comitato della Fifa) e Volkswagen e Bayer Ag. promisero investimenti in Thailandia e Corea del Sud. Fatti su cui il Parlamento tedesco – e in particolare il presidente della Commissione Sport Dragmar Freitag – ha chiesto un’indagine approfondita.

La FA: “No a Platini”
Una nuova tessera che si aggiunge al puzzle di corruzione che sta facendo crollare la credibilità della Fifa in questi mesi. Nella giornata in cui Blatter ribadisce che il pagamento di 2 milioni di franchi svizzeri a Platini “è basato su un accordo informale assolutamente legale”, la FA, la Federcalcio inglese, prende le distanze dal presidente Uefa che sembrava il favorito alla successione di Blatter prima che la magistratura svizzera aprisse un’inchiesta penale su quel versamento di quattro anni fa. Il Consiglio della Fa, riunitosi venerdì mattina, “ha deciso di sospendere il sostegno alla candidatura fino a quando il processo legale non sarà concluso e la sua posizione chiara”. Una stroncatura derivata anche dal diniego alle richieste inglesi di avere maggiori informazioni dagli avvocati di Platini riguardo le accuse: “Ci è stato risposto – scrive la Fa – che devono essere mantenute riservate e quindi non era possibile entrare nello specifico”.

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