Due persone sono state arrestate per l’omicidio di Nicola Campilongo, il piccolo Cocò ucciso e bruciato con il nonno e la compagna di quest’ultimo il 16 gennaio 2014 a Cassano allo Jonio, in provincia di Cosenza. Su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, i carabinieri del Ros hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a Cosimo Donato e Faustino Campilongo, – già detenuti perché coinvolti in un’indagine per droga – ritenuti vicino ai clan della Sibaritide e accusati del triplice omicidio e di distruzione di cadavere. Secondo le indagini dei reparti speciali dei carabinieri, l’obiettivo dei killer era il nonno Giuseppe Iannicelli, 52 anni, e la sua compagna Ibtissam Touss, 27, di origine marocchina.

Il nonno avrebbe usato il bambino di soli tre anni come scudo umano ma questo non gli ha salvato la vita. Per scongiurare un attentato, infatti, Giuseppe Iannicelli andava in giro col piccolo Cocò per scoraggiare i suoi nemici. Ma il 16 gennnaio di un anno fa i killer non si sono fatti scrupoli: gli hanno sparato a bruciapelo mentre si trovava in macchina, una Fiat Punto, con la compagna e il nipotino. L’auto poi è stata bruciata con dentro i corpi delle tre vittime. Secondo gli inquirenti, le indagini del Ros “oltre a ricostruire il triplice omicidio sin dalle sue fasi preparatorie, hanno consentito di individuare il movente, documentare la sua connotazione tipicamente mafiosa ed evidenziare le dinamiche criminali insistenti nel territorio della Sibaritide”.

Dell’omicidio del piccolo Cocò ha parlato anche Papa Francesco durante l’Angelus il 26 gennaio dello stesso anno invitando a pentirsi e a convertirsi chi avesse ucciso un bambino così piccolo, “con un accanimento senza precedenti nella storia della criminalità”. Il Pontefice è poi venuto a giugno 2014 a Cassano dove ha scomunicato tutti i mafiosi. Con entrambi i genitori dietro le sbarre, nel dicembre 2012 il bambino ucciso era stato affidato al nonno Giuseppe, nel frattempo tornato in libertà dopo essere finito in manette sei mesi prima per sequestro di persona e violenza sessuale nei confronti della ex moglie.

Sorvegliato speciale, Giuseppe Iannicelli era conosciuto nella cittadina dell’Alto Ionio cosentino per i suoi traffici di cocaina. E ci sarebbe proprio la droga dietro la strage di Cassano allo Jonio. Con un lungo curriculum criminale, la sua figura era molto controversa e ha spinto gli inquirenti ad indagare negli ambienti della criminalità organizzata. Ritenuto vicino alla malavita locale e coinvolto in passato in alcune inchieste sul traffico di cocaina, una decina di anni fa Iannicelli è stato al centro dell’inchiesta “Borgo Pulito” assieme all’ex moglie.

Secondo le indagini era lui il capo di un’organizzazione che gestiva in modo capillare l’attività di spaccio nel territorio di Cassano allo Ionio dove da oltre 10 anni si sta consumando la faida tra i Forestefano e gli Abruzzese, detti gli “zingari” che gestiscono il traffico di droga nel contrata Pietra San Marco, il quartiere proprio di Iannicelli. Negli anni Novanta, inoltre, il suo nome era comparso in alcune informative dell’inchiesta antimafia “Galassia” contro le cosche dell’Alto Jonio cosentino. All’epoca, i carabinieri del Ros di Catanzaro lo avevano denunciato per associazione mafiosa. Una vita trascorsa tra il carcere e la piazza di spaccio, conclusa con un rogo che non ha risparmiato neanche il nipotino di 3 anni.

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Cocò Campolongo, “il nonno lo usava come scudo per evitare agguati del clan”

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