Quella che ci accingiamo a raccontare è una brutta vicenda di mala gestione della pesca, iniziata anni fa – e arrivata fino ai giorni nostri – nei corridoi di quello che oggi si chiama Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

Alla fine degli anni Novanta (ma la data esatta è un mistero), il suddetto Ministero – in modo del tutto ingiustificato – concede una particolare “licenza di pesca sperimentale” nel Canale di Sicilia a una serie di pescherecci a strascico, che possono così utilizzare il sistema della “volante a coppia”. Grazie a questi “superpoteri”, una flotta con attrezzi mai visti da quelle parti inizia a pescare acciughe e sardine.

Le volanti si aggiungono a chi già pescava “pesce azzurro”: le tradizionali lampare (o ciancioli o pesca a circuizione). Un sistema di pesca piuttosto selettivo, che riduce notevolmente la possibilità di catturare pesce sotto taglia, e che viene quindi sfavorito dalla concorrenza della potente flotta delle volanti. Queste ultime infatti, a differenza delle lampare, sono in grado di operare tutto l’anno: la coppia di pescherecci si tira dietro una rete e può farlo anche con mare relativamente mosso. Anche in inverno, quindi, quando invece le lampare si fermano. E quando, per i cicli naturali delle due specie, il numero degli esemplari giovanili in mare è elevato. Risultato: aumenta il rischio che le volanti catturino acciughe e sardine piccole che poi vengono rigettate in mare.

Nonostante gli avvertimenti degli scienziati preoccupati per lo stato delle risorse, il Ministero invece di intervenire riducendo la pesca di acciughe e sardine negli anni rinnova ripetutamente le licenze sperimentali, che diventano di fatto la normalità. Adesso si chiamano “licenze speciali” e vengono rinnovate ogni sei mesi: l’ultima proroga lo scorso dicembre. Prima conseguenza: secondo la Fao, acciughe e sardine nel Canale di Sicilia sono sovrasfruttate, o meglio pescate troppo, e in questo caso anche male. Seconda conseguenza: un intero settore, quello della pesca locale – e un tempo fiorente – industria conserviera finisce in ginocchio, registrando negli ultimi anni perdite fino al 50 per cento del fatturato, finendo a doversi rifornire da altre marinerie o dall’estero.

Ma perché il Ministero continua a rinnovare queste “autorizzazioni speciali”? Evidentemente la potenza delle volanti a coppia è anche politica e – anche in questo caso – non teme rivali. Sono molteplici infatti le interrogazioni parlamentari rivolte allo stesso Ministero per chiedere spiegazioni in merito. Ma nulla è cambiato.

Per ribadire che questo ingiustificabile sistema di pesca svuota il mare e va fermato, nel 2013 abbiamo protestato pacificamente in mare, al largo di Sciacca. E come spesso accade, oltre al danno arriva la beffa: sotto processo finisce il nostro direttore delle Campagne, con l’accusa assurda di “violenza privata”. Cosa rischiano invece gli italiani? Un mare sempre più vuoto e un settore, quello della pesca, condannato a deperire. Infine, la prospettiva di dover pagare con soldi pubblici le scelte sbagliate del Ministero.

Greenpeace ha denunciato alla Commissione Europea questo sistema vergognoso, chiedendo l’immediata eliminazione delle “licenze speciali”. È stata quindi aperta un’indagine, per cui l’Italia rischia un’infrazione che verrebbe pagata con soldi dei contribuenti. Il nostro augurio è che questa indagine imponga al Ministero di gestire in modo serio e sostenibile le attività di pesca.

I mari, loro malgrado, stanno già pagando gli effetti devastanti di anni di cattiva gestione. Per questo chiediamo a tutti di unirsi al nostro appello #InNomeDelMare, contro la pesca eccessiva.

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