“Sciogliere il consiglio comunale di Roma per condizionamento mafioso”. E’ questa la richiesta al prefetto di Roma, formulata dal Movimento Cinque Stelle, a 3 mesi dall’insediamento della commissione di indagine. La commissione di accesso, istituita a seguito dell’inchiesta “Mondo di Mezzo” che ha portato in carcere Salvatore Buzzi, Massimo Carminati e fatto tremare i palazzi della politica capitolina, terminerà i lavori a metà marzo, ma appare certa la proroga di altri 90 giorni per completare l’attività ispettiva.

Il Fattoquotidiano.it ha letto la memoria che il M5S ha consegnato, in queste ore, al prefetto Giuseppe Pecoraro chiedendo l’azzeramento del comune per mafia. La legge, introdotta nel 1991, inserita nel testo unico sugli enti locali nel 2000, e modificata in senso restrittivo nel 2009, prevede un iter chiaro. Al termine del lavoro della commissione di accesso, il prefetto dovrà inviare la relazione al ministero dell’Interno che decide se proporre lo scioglimento per mafia, poi disposto da un decreto del presidente della Repubblica.

Per primo ilfattoquotidiano.it spiegò le ragioni che imponevano l’invio di una commissione di accesso presso l’amministrazione comunale, decisione assunta qualche giorno dopo. La ratio della legge è chiara e punta a contrastare il condizionamento mafioso dell’ente e prevede lo scioglimento quando emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su “collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori, ovvero su forme di condizionamento degli stessi”. Condizionamento che compromette l’imparzialità delle amministrazioni e il regolare funzionamento dei servizi a loro affidati. Ecco i punti che la rappresentanza grillina, tra i primi firmatari la deputata Roberta Lombardi, il consigliere regionale Davide Barillari e vari consiglieri comunali, ha posto alla base della richiesta di scioglimento.

La prima parte della memoria è dedicata agli amministratori coinvolti nell’inchiesta della Procura di Roma “Mondo di mezzo”. Si parte da Daniele Ozzimo, assessore alle politiche abitative della giunta Marino. Vengono riportate intercettazioni e atti di indagine, per concludere: “Ozzimo diventa interlocutore diretto dell’associazione criminale all’interno della giunta Marino”. Ozzimo è indagato per corruzione e si è dimesso appena avuta notizia dell’inchiesta che lo riguarda. L’altro esponente di maggioranza, è Mirko Coratti, presidente del consiglio comunale, indagato per corruzione che ha lasciato il suo incarico. Nella memoria si legge “Coratti è indagato per atti compiuti anche durante la corrente amministrazione Marino”.

Il sindaco Ignazio Marino, completamente estraneo all’inchiesta, ha precisato più volte che nella sua giunta non ci sono stati indagati per mafia. La memoria del M5S riporta però le parole di Rosy Bindi, presidente della commissione antiamafia, che ha spiegato: “Chi è indagato per corruzione in un’indagine per mafia è comunque un interlocutore e forse il terminale o l’arma impropria che viene utilizzata”. Vengono poi citati altri esponenti di maggioranza in rapporti con la cupola di mafia capitale e due consiglieri di opposizione, Gianni Alemanno e Giovanni Quarzo, quest’ultimo presidente della commissione trasparenza (poi dimessosi), entrambi indagati per associazione mafiosa. Va ricordato che il coinvolgimento di consiglieri di opposizione, secondo la legge che prevede lo scioglimento dei consigli comunali, aggrava il quadro del condizionamento malavitoso  dello stesso.

La memoria del Movimento Cinque Stelle passa in rassegna, poi, il ruolo dei dirigenti comunali. Prima menzionando quelli non indagati come Gaetano Altamura, direttore del dipartimento Tutela Ambiente. Non è indagato nell’inchiesta, ma si è dimesso per i suoi contatti con Salvatore Buzzi. Poi ci sono i funzionari indagati come Claudio Turella, responsabile servizio verde pubblico di Roma capitale, coinvolto per corruzione “anche per fatti – si legge nella memoria – accaduti durante la corrente amministrazione Marino”. Caso diverso quello di Italo Walter Politano, rimosso dall’incarico di direttore trasparenza di Roma Capitale a seguito dell’inchiesta che lo vede indagato per associazione mafiosa, e ora dirigente del coordinamento decentramento amministrativo di Roma Capitale. La nuova nomina è “un atto dovuto“, ha precisato il Campidoglio in una nota.

La memoria del M5S cita anche i casi di altri funzionari e quello di Giovanni Fiscon, oggi ai domiciliari, che nel nuovo corso Ama, l’Azienda comunale di raccolta dei rifiuti, aveva assunto l’incarico di responsabile anticorruzione. Nell’inchiesta mafia capitale è finito indagato proprio per corruzione. Buzzi al telefono lo chiamava “Il nostro Nanni”. Per questi motivi, nelle conclusioni della memoria di 28 pagine, il M5S chiede al prefetto di “procedere allo scioglimento dell’assemblea capitolina per condizionamento malavitoso”.

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