Diciamoci la verità, i minuti di silenzio sono una bella prassi, ma non servono a niente. Ma cosa può fare concretamente l’Europa per combattere gli estremismi?
Il Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ha indetto un minuto di silenzio per oggi di fronte all’Europarlamento per commemorare le vittime dell’attentato terroristico di Parigi. Un atto dovuto, una prassi tradizionale di fronte a simili tragedie. Ma gli atti dovuti e le prassi non servono a niente, né a rincuorare i parenti delle vittime né a impietosire i loro carnefici.
Il fatto che anche in Europa stia affiorando un problema tagliente con alcune frange dell’Islam radicale è innegabile, basti pensare al fenomeno dei freedom fighters. Le origini sono lontane, storiche, geopolitiche, economiche e, va detto, anche religiose. Purtroppo, alla luce del contesto sociale e bellico del Medio Oriente e del Nord Africa nonché della crescente popolazione di origine araba in Europa – parte della quale evidentemente non ancora integrata nella nostra società – il problema è destinato ad aumentare.
Oggi ne ho parlato con Lorenzo Fontana, eurodeputato della Lega Nord e braccio destro di Matteo Salvini in Europa. Fontana sostiene che “sta succedendo quello che diceva Oriana Fallaci” (che ha scritto il libro Occidente svegliati!) ovvero che “l’Europa sta diventando Eurabia”. Secondo Fontana “bisogna estirpare questo cancro che è il terrorismo islamico”. Parole forti, per certi versi discutibili, ma su una cosa l’eurodeputato leghista ha ragione: “Tutti i partiti politici devono porsi seriamente il problema di come contrastare questo estremismo”.
Il problema è che in Europa – come in Italia – simili questioni si affrontano troppo spesso con gli occhi bendati dall’ideologismo: da una parte una certa destra che vorrebbe fortificare l’Europa e inneggiare alla guerra santa, dall’altra una certa sinistra che, imbevuta di perbenismo, accetta e perdona di tutto.
Una cosa è certa: a parte il minuto di domani, l’Europa non può assolutamente permettersi di restare in silenzio. Al di là delle colpe (innegabili) del passato, la sua inerzia di oggi rischia di costare caro ai suoi cittadini. Religione a parte – spesso valvola di sfogo di sofferenze ben più concrete – l’Europa può intervenire in vari modi per frenare all’origine certi estremismi e risentimenti nei confronti della sua popolazione. Pesa oggi la mancanza di una politica europea forte nei confronti della guerra in Siria, della ricostruzione irachena e della guerra civile nella quale sta sprofondando la Libia, l’assenza storica di una politica di immigrazione comune nel Mediterraneo – oltre 4000 morti nel 2014 – e di asilo comune, lo scomposto e disordinato interventismo militare estero – come in Libia e in Mali – l’enorme ritardo nella definizione di una politica energetica europea integrata e tanto altro.
Ma perché queste mancanze? Ancora una volta, bisogna guardare alle capitali europee. Bruxelles ha ed esercita i poteri che i governi nazionali le conferiscono. La quasi totale assenza di leader veramente europei nella capitale d’Europa fa il resto. E mentre restiamo incapaci di politiche realmente europee – immigrazione, asilo, politica estera, aiuti umanitari, energia – gli estremisti sparano e uccidono. E la profezia di Oriana Fallaci rischia di diventare realtà.
@AlessioPisano, www.alessiopisano.com
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