L’operazione populista di Salvini può forse ingannare i sondaggi e accarezzare la rabbia più becera del Paese ma non può certo sfidare la logica. Se ci si ferma a riflettere è sufficiente un secondo per comprendere che il tipo di campagna elettorale che sta conducendo Matteo “il lumbard” è non solo opportunistica ma costruita esclusivamente per far leva sui peggiori istinti. Basta mettere in fila pochissime informazioni per comprendere quanto sia di basso profilo l’operazione che sta compiendo.

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Partiamo dal partito. La Lega Nord ormai esiste solo per ciò che è a carico dello Stato: i 71 dipendenti del movimento sono infatti stati licenziati in tronco, mentre il quotidiano di partito, la Padania, ha annunciato la chiusura definitiva a seguito della riduzione del contributo all’editoria. Anche qui, dunque: la pubblicazione proseguiva solamente grazie ai soldi delle casse pubbliche. E qualcuno affiderebbe non dico un Paese ma anche solo un condominio a chi non è in grado di gestire casa sua?

Poi il personaggio. Ha 40 anni, venti dei quali trascorsi nei Palazzi. Salvini non ha mai lavorato un giorno in tutta la vita. È arrivato a Bruxelles per sostituire Umberto Bossi che preferì andare al Senato e per controllare il giovane Matteo il vecchio Capo gli affidò come portaborse il figlio maggiore, Riccardo, del quale è stato amico, come di Renzo il Trota, fin quando Bossi era Bossi. Al Parlamento Europeo Salvini è noto per essere tra i più assenteisti, tanto da essere persino stato ripreso in aula a Strasburgo dal deputato socialista Marc Tarabella durante una delle rare sedute in cui l’eroe padano si è presentato. “Salvini fannullone assenteista: non ha mai lavorato insieme agli altri correlatori preferendo andare in televisione”. Il video è on-line. I dati di presenza pure.

Salvini dal 1993 è stato consigliere comunale a Milano fino al 2012. Quasi venti anni. In giunte di centrodestra. Anni in cui i campi Rom nel capoluogo lombardo nascono, crescono e si radicano senza che l’amministrazione tenti di fare nulla, esclusa qualche boutade da campagna elettorale. Proprio come quelle messe in atto in questi ultimi giorni da Salvini a Bologna in vista, guarda caso, del voto per le Regionali. E chiunque sia dotato di un minimo di logica e di informazioni vedendo il prode guerriero lombardo protestare davanti ai campi Rom si chiede perché non va a protestare dai sindaci che hanno permesso e permettono quegli insediamenti. O se invece è lo Stato a obbligare le amministrazioni a ospitare “zingari”, clandestini, rifugiati e dargli case e stipendi, perché non chiama uno dei circa quaranta parlamentari leghisti e non organizza un bel presidio al Governo o a Montecitorio: forse Salvini ignora che le leggi si fanno lì, le hanno fatte i suoi amici e gli uomini del suo stesso partito che fino al 2011 hanno guidato il Paese. E che ancora oggi siedono lì, anche loro a spese dello Stato. Come Salvini, del resto. Andare a protestare davanti ai campi rom è dunque pura propaganda elettorale, ma destinata agli stolti, ai creduloni. È come se il nostro eroe padano colpito da influenza invece di prendere le medicine si mettesse davanti allo specchio a inveire contro i batteri: “Uscite da lì, clandestini”.

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