2052-libroNel 1972 l’associazione non governativa Club di Roma pubblicò uno studio realizzato da alcuni docenti del Massachusetts Institute of Technology (Mit) intitolato I limiti dello sviluppo. Il testo prediceva che la crescita economica e della popolazione non potessero continuare ininterrottamente palesando (attraverso delle simulazioni create con i primi computer dell’epoca) le contraddizioni di coloro che tuttora pensano di poter avere una crescita indefinita senza tener conto delle limitate disponibilità di risorse naturali e della limitata capacità di assorbimento degli inquinanti da parte del pianeta. L’opera generò un dibattito di grandi proporzioni perché mise in discussione il dogma della crescita. Del resto se ancora oggi economisti e politici insistono con il loro balletto propiziatorio invocando la crescita che non c’è più come dono divino, figurarsi quarant’anni fa.

Una delle debolezze dello studio del 1972 è di aver individuato nella crescita della popolazione il problema determinante. Il tasso demografico rappresenta anch’esso una prova della colonizzazione dell’uomo nei confronti della Terra e delle altre specie di animali. Si pensi che solo nel 1800 abbiamo raggiunto il primo miliardo di abitanti mentre meno di due secoli dopo la popolazione mondiale era già sestuplicata, una crescita esponenziale che secondo l’Onu si attesterà nel 2040 a 9 miliardi. Tuttavia, secondo diverse analisi, il tasso di crescita della popolazione non lieviterà con lo stesso ritmo avuto negli ultimi decenni, anzi avrà un picco e poi una riduzione. Il vero problema è, su cui sarebbe auspicabile soffermare maggiormente l’attenzione, non solo la quantità della popolazione, ma la distribuzione delle ricchezze. Oggi quasi la metà del cibo prodotto nel mondo viene gettato nella pattumiera senza nemmeno essere riciclato! Un’immensa quantità di acqua, energia e di inutile sfruttamento della Terra che finisce sull’altare del dio pagano dello spreco. Uno spreco del tutto indifferente ai dati dell’Unicef secondo cui ogni giorno muoiono 22.000 bambini per malattie legate alla malnutrizione. 

Quarant’anni dopo I limiti dello Sviluppo, Jorgen Randers uno dei curatori dello studio del 1972 pubblica: 2052 scenari globali per i prossimi 40 anni. Un’opera notevole, a cui hanno partecipato con interessanti visioni, diversi autori internazionali. Randers reputa che nel 2052 il mondo avrà perso l’occasione per contenere l’aumento del riscaldamento globale e le temperature saliranno in media di almeno 2°C ma questo riscaldamento, teme l’autore, innescherà un cambiamento climatico auto-rinforzantesi per via della fusione del permafrost della tundra che liberebbe enormi quantità di gas metano (che è un gas serra) ora bloccate nei terreni ghiacciati. Gli oceani per via della fusione dei ghiacciai cresceranno di 30 centimetri e sempre più si vivrà in mega città per difendersi dalla natura che si ribellerà attraverso l’intensificazione di precipitazioni improvvise del clima.

Le spese di questo cambiamento climatico saranno pagate da coloro che sono i meno responsabili dell’emissione di CO2 nell’atmosfera. Questa ingiustizia sarebbe dovuta, a mio avviso, essere sottolineata con maggior intensità: è la nostra vorace economia occidentale di stampo neoliberista che genera carestie, guerre e povertà in quei Paesi definiti poveri mentre in realtà sono ricchi di risorse. Non sono poveri ma resi impoveriti proprio per questa brama di appropriarci di minerali come il Coltan (la cui estrazione in Congo ha prodotto una guerra che ha causato circa 5 milioni di vittime) che serve a far funzionare cellulari e pc che vanno cambiati sempre più celermente in virtù dell’obsolescenza programmata.

Uomini, donne e bambini che scappano da guerre e carestie causate dal clima impazzito giungono sulle nostre coste pattugliate da navi militari. A coloro che riescono ad entrare gli spetta, sovente, di affrontare nuove prevaricazioni e anche un nuovo conflitto, questa volta con altre vittime cioè con chi in Occidente è rimasto senza lavoro per via della polarizzazione dei capitali, dello sviluppo della tecnica e dello spostamento della produzione in Paesi ove le multinazionali possono sfruttare la manodopera. Una guerra tra poveri, o meglio una specie di combattimento tra galli ove a lascarci le piume sono solo i contendenti, di certo non gli scommettitori che lucrano. Mi auguro ci sia il tempo per rifletterci e riprenderci subito il futuro. 

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