La più grande minaccia per la Rete non arriva dai criminali informatici, dalle grandi corporations e nemmeno dall’Nsa. Arriva dall’Europa e dall’ostinata determinazione dei suoi governanti (sic) nel procedere con lo sciagurato progetto di accordo commerciale con gli Stati Uniti. Il Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership) è l’ennesimo accordo, sullo stesso stile del segretissimo Tisa, che punta a sottrarre potere legislativo ai governi relegandolo ai mercati. In particolare, contiene la famigerata clausola di “salvaguardia degli investimenti”. Una trappola legale che funziona così: ogni Stato che sigla l’accordo, si impegna a non creare “ostacoli al libero commercio” attraverso l’attività legislativa o regolamentare. In questo modo si espone a eventuali cause da parte delle aziende straniere (nel caso del Ttip, delle aziende statunitensi) che ritengono di essere “danneggiate”.

È lo stesso meccanismo che ha permesso alla Vattenfall, società svedese che gestisce le centrali nucleari in Germania, di fare causa per svariati miliardi al governo tedesco in seguito alla decisione della cancelleria di abbandonare il nucleare. Lo stesso meccanismo che ha permesso alla Philip Morris di portare in tribunale il governo australiano per la decisione di vietare i marchi sui pacchetti di sigarette, chiedendo anche in questo caso un risarcimento multimiliardario. Una volta che il Ttip sarà entrato in vigore (e Matteo Renzi ha già dichiarato di considerarlo una priorità) la Repubblica Italiana si troverà sotto la spada di Damocle della famigerata clausola, rischiando di dover versare risarcimenti astronomici se si azzarda a varare una legge in materia ambientale o sociale che sia di minimo intralcio alle multinazionali che operano sul nostro territorio.

Qualcuno si chiederà come Internet possa finire nella tagliola del Ttip. Presto detto: sul campo ci sono almeno tre questioni aperte (anche se una è già stata chiusa) che hanno una certa urgenza e tutte le caratteristiche per poter innescare una reazione simile. La prima è quella relativa all’elusione fiscale dei colossi del web. Qualcuno si ricorda le polemiche di qualche mese fa? In quell’occasione Francesco Boccia (Pd) aveva avviato una vera e propria crociata, presenziando anche a una diretta in streaming su ilfattoquotidiano.it. Certo, la soluzione proposta da Boccia non era un granché: invece di intervenire sui meccanismi che consentono l’elusione fiscale, puntava a una leggina che obbligasse i big del web ad aprire una sede in Italia. Misteriosamente, però, la crociata del Pd è evaporata. Come mai? Forse perché si sono resi conto che il Ttip avrebbe permesso a Google e soci di opporsi alla leggina esponendo il nostro paese a richieste di risarcimento a nove zeri? Se anche si fosse trattato di un rarissimo episodio di “annuncite” non seguito dai fatti, l’analisi sarebbe corretta: con il Ttip in vigore, una norma come quella ventilata da Boccia aprirebbe effettivamente la strada a ricorsi e sanzioni. E questo è il meno…

(continua)

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