La Londra del 1700 era un sudicio, pessimo posto dove per 3 bambini su 4 morivano prima dei 5 anni.
La città era sporchissima, lo scarto tra i ricchi ed i poveri enorme, nelle Public House – poi pub- il gin aveva sostituito la birra come bevanda più bevuta e l’alcolismo diffusissimo, come ci mostra l’affresco mirabile e drammatico di William Hogart, ‘Gin Lane’.
C’è chi ha creato grandi cose grazie ad un mela cadutagli in testa dall’alto, chi inciampando in un bambino abbandonato in strada. Inizia così la storia di Thomas Coram (1668-1751), fondatore della prima Charity che si sia mai occupata di bambini, il Foundling Hospital (Ospizio dei Trovatelli).
Nella Londra settecentesca il ‘welfare’ era basato sulla ‘Poor Laws’ (Leggi sui Poveri), un sistema di assistenza ai bisognosi introdotto nel XVI sec. durante il regno di Elisabetta I. Aveva come centro le parrocchie anglicane per ogni distretto (parishes). Gli indigenti ma in grado di lavorare erano accolti nelle Workhouse, dove il tasso di mortalità infantile raggiungeva il 90%. Le risorse per i poveri erano anche allora sempre troppo scarse e per lo più reperite nell’ambito locale, nella comunità.
Tornato a Londra a 36 anni nel 1704 dopo aver fatto fortuna in America, orfano di madre e commosso dalla terribile povertà della città, Coram sognò di costruire un Hospital (che inglese sta anche per struttura di accoglienza a lungo termine) per i ‘trovatelli’.
Come realizzare il suo progetto e convincere Kings George II a concedergli l’autorizzazione?
Le resistenze della buona società inizialmente furono fortissime, molti dei bambini abbandonati erano figli di prostitute e non riconosciuti. Solo nel 1722 fu ricevuto dal Re, che non fu minimamente interessato.
Coram pensò allora di promuovere una petizione tra personaggi influenti, cui però nessuno inizialmente aderì. Fino a che ebbe l’idea rivolgersi a donne dell’alta società: nel 1729 la Duchessa di Somerset fu la prima firmataria e ‘testimonial’ della ‘campagna’, convinse molti suoi pari a sottoscriverla fino a che, dopo 375 firme illustri e 16 anni di ‘campagna’, nell’ottobre del 1739, finalmente Giorgio II concesse la ‘Royal Charter’ (autorizzazione reale). Il Foundling Hospital poteva essere costruito per togliere i trovatelli dalla strada, nutrirli, educarli, farli diventare cittadini a tutti gli effetti.
Ma ora dove trovare i fondi per costruire materialmente l’Hospital? Dopo la campagna di ‘Advocacy’ Thomas Coram iniziò la campagna di Fundraising. Molta più gente di quello che pensava era disposta a sostenere l’impresa. Nel 1741 il Foundling Hospital era, finalemente, pronto per accogliere i bambini!
Le espressioni delle mamme indigenti che li portavano li, raffigurate in quadri dell’epoca, erano duplici: si leggevano il sollievo che il figlio fosse stato accettato, potesse salvarsi e vivere una vita decorosa, e la tragedia dell’abbandono. Ai bambini – quando accettati- veniva dato un nuovo nome ed una nuova identità. Con una speranza, quella del riscatto: le mamme, se in futuro in condizioni migliori, potevano venire a riprenderseli.
Come riconoscere il proprio figlio? Oltre ad un certificato, per il bambino affidato la madre doveva lasciare un oggetto identificativo (‘token’): una moneta, un braccialetto, un cuoricino di stoffa. Questa parte, nel Foundling Museum che ci racconta questa storia è di certo quella più strappalacrime.
L’ospedale aveva ingenti spese che non potevano essere sostenute dal solo patrimonio del fondatore. Coram riuscì allora a coinvolgere due artisti illustri: il grande musicista Handel e il famoso pittore Hogart.
I due non solo si prestarono ad essere ‘governors’ dell’Hospital, ma donarono la loro opera per le attività di ‘fundraising’ ante litteram, mediante concerti e mostre tenute nell’ospedale, i cui ricavi erano donati all’Hospital mentre le opere d’arte andarono a costruire il Foundling Museum (che è stato anche il primo museo inglese aperto al pubblico). Non solo: i ricchi che vi si recavano vedevano anche la struttura ed i bambini si impietosivano e donavano. Far ‘entrare il donatore’ nel cuore delle attività è oggi-300 anni dopo- una strategia detta ‘porte aperte’ ben utilizzata da Organizzazioni come Lega del Filo D’Oro ma sottovalutata dalla maggior parte delle organizzazioni. Anche in questo Coram ha fatto scuola.
Nel 1948 il Children Act stabilisce finalmente la famiglia come ‘centro’, tutti gli sforzi vengono concentrati sul rafforzamento della genitorialità più che sulla sua ‘sostituzione’ e l’Hospital esaurisce in buona parte la sua missione originaria.
Alla sua chiusura nel 1953, aveva tolto dalla strada e cresciuto 27.000 bambini.
Ora la Thomas Coram Foundation for Children e le Charity collegate, proseguono la loro azione attraverso case per giovani homeless, Agenzie per l’Affido, supporta la crescita dei bambini attraverso programmi educativi integrativi di musica ed arte proseguendo lo stile segnato da Hendel e Hogart. Lavora sulla consapevolezza dei danni derivanti da droghe ed alcool (una volta c’era solo il Gin, ora la scelta è purtroppo molto più ampia), supporta i minori dal punto di vista legale e burocratico…per un totale di quasi un milione di bambini all’anno in qualche modo coinvolti.
Quanto a Thomas Coram morì ad 83 anni, povero, dopo aver destinato tutto il patrimonio al suo sogno ed ai ‘suoi’ bambini.
Oggi nella gestione delle iniziative sociali co-esistono ‘vecchi modi’ simili a questo, e modalità di management non profit ‘ipertecnologico’, altrettanto interessanti ed affascinanti.
Il Coram Foundling Museum ci fa toccare con mano una bella storia di ‘vecchia filantropia’, donandoci un’esperienza culturale ed emotiva forte, assolutamente imperdibile per chi passa da Londra e si immerge nelle sue storie.