Era sufficiente un giro sul profilo di Linkedin di Alessandra Poggiani, per capire quale università ha frequentato la nuova direttrice dell’Agenzia per l’Italia digitale. Anche se non era specificato nel suo curriculum sul sito di Venis, la società di servizi informatici per cui è dirigente. Ecco allora che la Poggiani, secondo quanto scrive sul profilo di Linkedin, ha frequentato prima l’Università di Bologna dal 1990 al 1993 e poi la London Metropolitan University, dal 1993 al 1995. 

Se è stato necessario ricordarlo, è perché non si ferma la polemica sulla laurea della nuova direttrice dell’Agid

Per un’ulteriore garanzia ho contattato al telefono l’ufficio del Dipartimento di studi culturali della Metropolitan di Londra, molto disponibili a verificare se la studentessa Poggiani ha conseguito o meno la laurea. In caso contrario, vi informeremo di sicuro.

Il titolo di studio contestato alla Poggiani è in “BSc Honours Communications and Cultural Studies” conseguito a Londra,  che corrisponde al “Diploma di Laurea equivalente in Scienze della Informazione o Comunicazione vecchio ordinamento – delibera Consiglio Universitario Nazionale del 1997”, specifica il curriculum in formato europeo sul sito di Venis. 

Su Scienze della Comunicazione c’è da ricordare che i primi corsi in Italia sono partiti nell’anno accademico 1992-93. Era una laurea magistrale della durata di quattro anni, prima della riforma “tre più due” del 1999, poi è stata suddivisa in laurea triennale e laurea specialistica, per una durata di cinque anni fino al titolo magistrale. 

La Poggiani ha studiato prima a Bologna e poi a Londra, si è laureata a 24 anni nel 1995, in un periodo anteriore quindi alla riforma “tre più due”. 

Un’altra contestazione sulla nomina è sintetizzata in questo modo: “Non è un’ingegnere, e non può guidare l’Agenda Digitale italiana. Non ne ha le capacità”. Questa è un’obiezione più costruttiva dei dubbi sulla validità del titolo di studio in Italia, perché di questa polemica si tratta.

Una garanzia sulle infrastrutture è data da Stefano Quintarelli, laureato in Scienze dell’Informazione, pioniere degli Internet provider in Italia, che è stato nominato dal governo Presidente del comitato di indirizzo dell’Agenzia digitale Italiana. Quintarelli però è anche parlamentare, di Scelta Civica. Alessandra Poggiani invece, è da sempre una democratica. Questo senza dubbio riflette anche la scelta della 43enne romana per l’indirizzo politico dell’incarico, alla direzione dell’Agenzia per l’Italia digitale. 

Sarebbe ancora più costruttivo però muovere critiche sui ritardi e sulla gestione dell’Agenzia, una volta che muoverà i prossimi passi. Piuttosto che dibattere per la gran parte sull’equipollenza del titolo di studio della direttrice. Per prima cosa c’è sempre il grave ritardo italiano sull’Internet veloce. “Quattro abitazioni su cinque in Italia non sono raggiunte dalla banda larga. E’ tempo di iniziare a costruire queste infrastrutture” ha detto Neelie Kroes, commissaria per l’Agenda Digitale europea. Visto anche che “l’Italia si è fortemente impegnata al raggiungimento, entro il 2020, degli obiettivi più sfidanti del secondo pilastro dell’Agenda digitale europea, la Banda Ultralarga – si legge nel sito dell’Agid –. L’Internet veloce e superveloce, ovvero portare la connettività ad almeno 30 Mbps, assicurando che almeno il 50 per cento delle famiglie si abboni a connessioni internet di oltre 100 Mbps”.

Ci sono poi da colmare i ritardi riportati dal “Monitoraggio dell’attuazione dell’Agenda digitale” della Camera dei deputati. L’analisi prende come riferimento i provvedimenti previsti dai decreti legge “Crescita”, “Crescita 2.0″ e “del Fare”, sotto la direzione di Francesco Caio e poi di Agostino Ragosa. Dei 55 adempimenti previsti solo 17 sono stati adottati.

Perché “Se l’Italia arrivasse ad azzerare il disavanzo nella bilancia dei pagamenti per i servizi informatici, se sviluppasse l’e-commerce e della moneta elettronica fino a raggiungere i livelli medi europei, e se riuscisse a razionalizzare le banche dati della pubblica amministrazione si renderebbero disponibili per nuovi investimenti in reti, tecnologie e servizi innovativi, 3,6 miliardi l’anno” rileva l’ultimo rapporto del Censis.

Anche su questo e sugli altri programmi dell’Agenda Digitale, come la net neutrality, gli open-data e l’identità digitale, ad esempio, è il caso di essere sempre attenti e puntuali. Con critiche e alternative.

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