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Eredità Faac, vince la curia. Ai parenti di Manini 60 milioni per fermare la causa

L'imprenditore aveva lasciato in eredità il suo patrimonio ai preti. Questo aveva portato all'impugnazione dei testamenti da parte dei familiari e a numerosi scontri. Nell'ultimo periodo i beni erano stati sequestrati e affidati a un custode
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Raggiunto nella notte l’accordo tra i parenti di Michelangelo Manini e la Curia di Bologna, nominata erede universale del defunto patron Faac. Giovedì 19 giugno la trattativa si è chiusa con una firma da un notaio: 60 milioni a sette parenti, in cambio della rinuncia alla causa civile nata dall’impugnazione dei testamenti. In seguito alla causa, i beni di Manini (tra cui il 66% delle quote della multinazionale dei cancelli automatici) erano stati sequestrati e affidati a un custode.

“Avrei voluto che le reciproche tesi venissero giudicate con una sentenza, ma mi sono inchinata alla richiesta di fare un passo indietro. Fino all’ultimo non ho neanche voluto trattare in merito al corrispettivo economico e temevo per il futuro della società che ha voluto e creato mio padre anche con il contributo della sua famiglia. Adesso penso davvero che il futuro della Faac sia in buone mani e ritengo avrà sempre maggior successo”. Mariangela Manini, cugina di Michelangelo, defunto proprietario della Faac di Zola Predosa, commenta così il raggiungimento dell’accordo transattivo con l’arcidiocesi di Bologna che chiude i contenziosi sull’eredità. “Non chiedetemi – prosegue – se sono contenta perché questa storia è nata per via della morte di Michelangelo. Forse per qualcuno la sua eredità era solo un business e per altri l’occasione di arricchirsi. Prendo atto della volontà del cardinale Caffarra e del suo sforzo per tutelare tanti onesti lavoratori che hanno vissuto con ansia questa battaglia legale”. Però, “a parte la scomparsa di Michelangelo – dice la cugina dell’imprenditore – il mio vero dolore è stato che qualcuno abbia pensato che io ero una persona senza scrupoli famelicamente alla caccia di soldi che non mi erano dovuti”.

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