L’aria gli accarezza il viso, mentre le gambe spingono sui pedali e le ruote solcano strade talvolta sterrate, talvolta coperte di asfalto. Piccole perle di sudore scendono dalla fronte e sfiorano gli occhi, gli stessi che non vedono quasi nulla di ciò che li circonda, eppure puntano dritti verso un obiettivo molto chiaro. Tore Nærland, norvegese, è ipovedente dall’età di quindici anni, ma la sua disabilità lo ha tutt’altro che scoraggiato. Da trent’anni a questa parte, gira il mondo sulla sella di un tandem – guidato da un’atleta vedente – ed è diventato il presidente, nonché portavoce, di “Bike for Peace”, un’organizzazione che sposa, di anno in anno, cause di grande rilevanza sociale, coinvolgendo le persone e sensibilizzandole verso una maggiore partecipazione.

Quest’anno il suo giro del mondo in 90 giorni raccoglie l’appello dell’associazione Mayors for Peace, presieduta dal sindaco di Hiroshima, e della Campagna mondiale Ican per la messa al bando e l’abolizione di tutte le armi nucleari presenti sul pianeta. Il tour 2014 è partito lo scorso 15 marzo da Manchester e ha fatto tappa a Londra, prima di approdare a Parigi, Nizza e in una serie di altre città francesi. Regno Unito e Francia possiedono armi nucleari, così come anche l’Italia ne ospita alcune decine, dislocate tra le basi militari di Aviano e di Ghedi di Torre. Impugnando una bandiera arcobaleno con la scritta “Pace”, Tore e il suo team portano così anche da noi il loro messaggio, attraversando in questi giorni il versante tirrenico della penisola: Albenga, La Spezia, Pisa, Follonica, Montalto di Castro e infine Roma, dove approderanno questo pomeriggio e saranno ricevuti sia in Campidoglio, che da Papa Francesco. Poi una breve pausa, prima di ripartire verso l’Asia alla volta di Teheran, Nuova Delhi, Pechino, Hiroshima, Tokyo, per sbarcare dopo negli Stati Uniti e infine fare rientro in Scandinavia.

Allenato e pieno di energia, Tore Nærland ha entusiasmo da vendere. Dall’epoca del suo primo tour (organizzato nel 1979 in Irlanda del Nord per unire cristiani e protestanti), ha attraversato più di 110 paesi, coinvolto attivamente tantissime persone, conosciuto capi di Stato, guide religiose e menti illuminate ed è stato più volte proposto per il Premio Nobel per la Pace. “I miei anni in sella alla bici per la pace sono stati anni splendidi, una continua sfida intellettuale, spirituale, fisica”, ha raccontato a Rete Disarmo. Una grande sfida, esattamente di questo si tratta. Ma in gioco c’è anche una forte consapevolezza: quella di vedere benissimo ciò che davvero conta, nonostante tutto.

Articolo Precedente

Fondazioni filantropiche: “piccoli buoni pionieri”?

next
Articolo Successivo

Internet in Europa: l’Italia è ancora in fondo alla classifica

next