Nei giorni in cui il Parlamento viene commissariato per approvare un regalo di 4 miliardi alle banche, si può anche assistere ad appelli disperati per veder ripristinato il proprio diritto. Il grido di dolore è quello di Lucia De Maio, madre di due figli adolescenti, trovatasi senza reddito non perché non abbia voglia di lavorare ma perché un’azienda glielo ha impedito e continua a farlo tutt’ora. Il problema è che quella azienda ha le insegne della Coop, in particolare di Unicoop Tirreno. La stessa società che nella propria carta dei valori assicura il rispetto dell’equità e della dignità delle perone.

Lucia Di Maio, invece, insieme alla collega Margherita, dopo essere stata licenziata nel 2009 a seguito di una cessione di ramo d’azienda, giudicata illegittima dal Tribunale, è stata reintegrata al suo posto con ben tre sentenze dal giudice del lavoro. Ma, nonostante l’ultima sentenza sia di aprile 2013, ad oggi Unicoop non ha ottemperato a quanto disposto dal giudice. E così Di Maio si è vista costretta a scrivere al sindacato Usb, che l’aveva assistita nella sua vertenza e in quella collettiva dei lavoratori coinvolti, per chiedere aiuto: “Sono in condizioni difficili, nella mia famiglia non c’è un reddito da quasi un anno, questi nonostante l’ingiunzione non pagano e io intanto come vivo?”. “Per favore, datemi una mano” ha concluso Lucia, “ho ricevuto tanto male, sono forte ma ho paura di non farcela più”.

La vicenda lascia senza fiato perché è proprio la dignità del lavoro a essere umiliata da questa vertenza. La storia, del resto, è simile a quanto avvenuto alla Fiat di Melfi quando i tre operai licenziati ingiustamente e poi reintegrati non sono stati ammessi dall’azienda al loro posto di lavoro. “Ma quelli almeno – dice Di Maio – venivano pagati. Questi se ne fregano”. Lucia e Margherita sono state licenziate nell’agosto del 2009 in seguito alla cessione del supermercato di Solofra, in provincia di Avellino, a un’azienda di Castellammare di Stabia, la Immobiliare Srl. Si trattava di una società creata nel 2003 e che fino al 2009, dice il sindacato Usb, “non risultava aver gestito attività economiche né aver fatturato alcunché”.

La sua prima attività sarebbe stata avviata con il supermercato di Solofra e con quelli di Castellammare, Soccavo e Nocera, ugualmente veduti da Unicoop con “dentro” sessanta dipendenti. I quali, però, si sono visti chiedere dalla Immobiliare se fossero disposti ad andarsene. In seguito, dieci dipendenti di Nocera sono stati licenziati nel 2010, quelli di Soccavo sono stati messi in cassa integrazione mentre a Solofra il locale adibito a supermercato è andato a fuoco “senza che si sia mai capito perché”, spiega ancora il sindacato di base. Le ragioni dei lavoratori sono state accolto dal Tribunale di Avellino secondo il quale la Immobiliare Srl ha realizzato una “frode alla legge” in quanto “non risulta aver esercitato in concreto l’attività”.

La circostanza viene ritenuta “pacifica” dai giudici perché mai contestata. Allo stesso tempo, dopo aver ceduto i quattro stabilimenti campani, Unicoop ha assunto centinaia di altri dipendenti in regione (il Tribunale quantifica il numero, pur con alcune specifiche, in 796) e questo giustifica, per il Tribunale, il reintegro nel posto di lavoro come disposto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Che in questa vicenda si applica integralmente senza le modificazioni poi intervenute in seguito alla riforma Fornero del 2012. Solo che la sentenza emessa ad aprile del 201 non è stata mai applicata.

Lucia e Margherita sono ancora fuori, senza lavoro, senza reddito con le conseguenze che abbiamo visto. L’Usb sta conducendo da solo questa battaglia e ha chiamato in causa anche Giuliano Poletti, presidente nazionale di LegaCoop che però, dice il sindacato, “ha rifiutato il confronto con Lucia De Maio”. Che resta senza risposta. Da qui la richiesta di aiuto di Lucia Di Maio, rilanciata subito dall’Usb che ha aperto un conto corrente su cui raccogliere la solidarietà di quanti hanno già manifestato sostegno a questa vertenza. “Ma le altre “Lucia” d’Italia”, si chiede l’Usb, “chi le aiuterà?”.

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