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Repubblica Centrafricana: la guerra che non vogliamo vedere e l’emergenza umanitaria

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La Repubblica Centrafricana è uno dei paesi più poveri del mondo, lontano e sperduto nel cuore del continente nero. Qui, il sistema internazionale sembra essere andato in corto circuito. Da oltre un anno imperversa una guerra tra milizie islamiche e milizie cristiane, che fanno a gara di mostruosità in una spirale infinita di rappresaglie, mutilazioni, genocidi e pulizie etniche. Il 5 dicembre l’Onu ha dato mandato alla Francia per un intervento militare che riportasse l’ordine nel paese, ma i soldati transalpini si sono dovuti scontrare con un fatto inquietante: di fatto la Repubblica non esiste più, lo stato è allo sfascio. In questa situazione è impossibile restaurare l’ordine senza un intervento di ricostruzione da parte delle Nazioni Unite che non si limiti ad una “polizia” militare nel paese.

Nella notte centrafricana brilla una stella italiana. È la dottoressa Patrizia Emiliani, da anni impegnata a Bimbo, poco lontano da Bangui (la capitale). Ho avuto la fortuna di conoscerla grazie ad uno scambio di mail in cui mi ha descritto la drammatica situazione. Nella Repubblica Centrafricana la guerra si presenta come esperienza quotidiana, pallottole che sibilano per le strade, corpi di uomini, donne e bambini, abbandonati in ogni angolo, nei giardini, nelle chiese e nelle moschee. Le milizie attaccano direttamente i civili. Nonostante questo, nonostante la totale mancanza di acqua, strutture e medicinali, la dottoressa Emiliani va avanti nel suo lavoro, avendo scelto, lei, come i suoi colleghi di Emergency operanti a Bangui, di rimanere, anche quando le ambasciate e le diplomazie occidentali consigliavano di tornare immediatamente in patria.

Dalle sue parole emerge, tra le scene macabre che racconta, una totale disorganizzazione degli aiuti e la lentezza con cui l’Occidente si sta accorgendo della tragedia. Tutto nasce dall’impossibilità di garantire un minimo di sicurezza agli operatori in loco. Purtroppo i riflettori del circo mediatico stentano ad accendersi sulla crisi centrafricana, forse saturi di quella siriana o inclini a notizie più leggere nel periodo natalizio. Ne ha parlato invece il Papa, durante la benedizione Urbi et Orbi, chiedendo di cessare la mattanza fratricida.

Ritengo non sia più tempo di spendersi in belle parole. Per risolvere la crisi centrafricana è indispensabile un intervento organico e multinazionale che sappia garantire aiuto alle Ong presenti e tracciare un evolversi della situazione verso la stabilità. Per questo è necessario che l’Italia si muova, all’interno del Consiglio degli Affari Esteri europeo, affinché l’Europa si attivi nella regione. Da anni si discute sulla credibilità del nostro paese all’estero. Questo è il momento, per il nostro paese, di scegliere se avere un ruolo incisivo nella realizzazione di un pianeta più eguale. Questo è il momento per l’Unione Europea per dimostrarsi una forza mondiale attiva nella costruzione della pace e meritarsi il Nobel datole. Un ruolo attivo dell’Italia porterà al paese credibilità agli occhi dell’intero pianeta, ma ancor prima agli occhi di Patrizia Emiliani, di Ombretta di Emergency e tanti altri che a Bangui come a Bimbo tengono alto l’onore italiano.

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