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Politica energetica italiana: via col gas

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In un ottimo articolo su Repubblica, Sylos Labini e Ruffolo prospettano una politica energetica che traduca in opportunità le ammonizioni del quinto rapporto Ipcc (Intergovernmental panel on climate change). Moltissime loro osservazioni potrebbero interloquire positivamente con questo blog e i commenti che lo arricchiscono. In sostanza, i due autori ritengono necessaria una maggior indipendenza dell’Italia dalle importazioni allargando strategicamente il contributo delle rinnovabili e riconvertendo l’eccesso di offerta elettrica dei cicli combinati e delle centrali a carbone. Ma chi lo va a dire a Enel ed Eni che hanno continue assicurazioni da un governo che manca di una politica industriale, che sposta incentivi dalle fonti rinnovabili alle fossili e vorrebbe trasformare la nostra penisola nell’hub del gas d’Europa?

La linea strategica di Labini e Ruffolo prevede investimenti e occupazione stabile proiettata nel futuro e programmabile sul territorio. Una rivoluzione, che in Germania sta già avvenendo, seppur tra contrasti, ma che i paesi dell’Est europeo, più l’Italia, vorrebbero seppellire sotto una nube di gas a buon mercato estratto e consegnato con enormi ricadute ambientali (lo shale gas, il gas siberiano con le implicazioni sul permafrost, le condotte che occupano decine di migliaia di tratte di foreste e fondali marini). È stata assunta la crisi come alibi per un miope rilancio del vecchio, per interessi che i cittadini non condividono (a proposito: se non avessero vinto i “sì” al referendum cosa ne avremmo fatto delle centrali nucleari già programmate?).

Così, ad ogni accensione dello schermo ci troviamo il cane a sei zampe e i “guerrieri” dell’Enel  a parlarci della loro energia buona, che, guarda caso, nobilita ogni nostra azione senza che venga mai citata l’emergenza climatica come opportunità per correggere i nostri comportamenti e per adeguare il sistema di offerta e consumo di energia. Avanti così, dunque, negando che gli scienziati di tutto il mondo hanno ammonito che invece non si può continuare in questo modo.

In fondo, i negazionisti del clima sono tutt’altro che rinunciatari e li sostengono la rete di Murdoch, i giornali economici più prestigiosi, i quotidiani che fanno opinione. Con una strategia ben definita, che il Guardian ha disvelato. Si procede per tappe: prima negando che il problema ci sia; poi riconoscendolo, ma affermando che la tecnologia può risolvere il problema; quindi, assumendo per inesatta l’affermazione dell’Ipcc per cui l’aumento di temperatura è, con una probabilità di almeno il 95%, causato dall’uomo; infine, riconoscendo che il problema c’è, ma che abbiamo a disposizione molto tempo o, addirittura, non c’è più niente da fare.

Fortunatamente abbiamo pochissimo ma sufficiente tempo, se facciamo prevalere senza compromessi l’interesse per la vita e la salute. Ma dove galleggia il Governo italiano tra quelle tappe esemplificate dal “Guardian”, visto che considera l’abbattimento di CO2 con 18GW di solare e gli oltre 8GW di eolico un peso da ridimensionare? Un po’ si era già capito, quando era stata presentata una traccia di strategia energetica nazionale (Sen) fortunatamente oggi riposta in un cassetto. In quel documento si accontentava un po’ tutti, all’italiana. Credo soprattutto per rassicurare Putin, Erdogan, l’Azerbajan e l’Algeria che le nostre banche avrebbero onorato i loro impegni negli spaventosi investimenti richiesti dai gasdotti che, in un braccio di ferro tra contendenti e in un abbraccio micidiale per le nazioni importatrici, solcano e solcheranno l’Europa da nord e da sud. Magari con gli italiani che alla loro inaugurazione si metteranno a cantare “O sole mio!”.

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