Il Presidente dell’Autorità per le garanzie per le comunicazioni Angelo Marcello Cardani ha espresso a tutto tondo il proprio pensiero sulle tematiche attinenti il suo mandato, in un’intervista, affrontando anche la vexata quaestio del nuovo Regolamento sulle rimozioni di contenuti sul web, che l’Autorità si appresta a varare. 

In particolare, di fronte ad una domanda proveniente dal responsabile della piattaforma di discussione e di petizioni change.org, che raccoglie 50 milioni di cittadini in tutto il mondo (due in Italia) e che  sollevava alcuni dubbi sui diritti dei cittadini italiani a non vedersi cancellato il sito, a seguito dell’approvazione imminente della delibera, Cardani ha risposto che si trattava di critiche oggettivamente insultanti.

Lo stesso Cardani ha poi aggiunto (cercando  di ritirare in diretta quanto detto) che vi sarebbero altri interessi dietro queste azioni di contrasto e che vi sarebbero due categorie contrarie all’adozione del regolamento: un ristretto gruppo di difensori delle libertà civili, mentre il resto degli oppositori starebbero facendo gli interessi dei pirati.

Non si capisce bene a chi si riferisca il Presidente di Agcom: Cardani sembra dimenticare che le critiche al regolamento non sono venute in questi mesi solo da un “presunto”  sparuto gruppo, né dai “complici” dei pirati, bensì  da autorevoli rappresentanti delle istituzioni.

Basti ricordare le parole del Ministro degli Esteri Emma Bonino, ma anche quelle costituzionalisti dell’Università di Napoli Giovanna de Minico e di Milano Marco Orofino, e agli Ordinari dell’Università di Torino (consulenti tra l’altro del Parlamento europeo) Marco Ricolfi, alle critiche di Stefano Rodotà, all’inserimento dell’Agcom nei problemi relativi alla libertà d’espressione da parte dello speciale rappresentante dell’Onu per la libertà d’espressione Frank La Rue, alle iniziative normative del senatore Felice Casson, a quelle del vicepresidente della Commissione Poste della Camera Ivan Catalano e della Parlamentare Mirella Liuzzi, del Movimento 5 Stelle.  

Rispondendo in quel modo ad una piattaforma di libera discussione democratica, ed alle migliaia di cittadini comuni che, come unico mezzo di poter fare sentire la propria voce utilizzano il web e firmano una petizione, Cardani ha mancato di dimostrare il rispetto dovuto dagli organi statali di vertice al cittadino comune, che vive e lavora in mezzo a mille difficoltà, ma che ha il diritto democratico di esprimere i propri pensieri, senza essere tacciato per un “complice” o, peggio strumento inconsapevole, di chissà quali inconfessabili interessi.

Con loro Cardani ha dimostrato di non tenere  in grande considerazione i principi di separazione dei poteri ai quali lui stesso aveva detto di volersi attenere allorquando oramai qualche mese fa aveva dichiarato urbi et orbi che, di fronte all’iniziativa del Parlamento sul diritto d’autore la sua Autorità  avrebbe “ceduto il passo”.

Nel nostro Parlamento, in entrambi i rami,  pendono  diversi disegni di legge parlamentari , che prevedono principi opposti a quelli che l’Agcom sta “velocemente” adottando , eppure Cardani ignora volutamente questi fatti.

Di contro, attaccando in ogni sede coloro che sono oggetto della attività di regolazione (i providers), che protestano per il ruolo di meri esecutori di una volontà non espressione dell’attività della Magistratura, Cardani   evidenzia il mancato rispetto per le stesse entità che dovrebbe regolare in qualità di arbitro, ovvero gli operatori del settore delle telecomunicazioni italiani, che già provati da una crisi che non ha risparmiato nessuno, non si meritano di essere continuamente additati dallo stesso Cardani come soggetti che intralciano i propri voleri e, che quindi, indirettamente favoriscono la pirateria.

In ultimo lo stesso Cardani, ad una domanda di un cittadino che chiedeva a quanto ammontassero i propri emolumenti, ha risposto infastidito che guadagnava trecentomila euro, molto meno di quanto guadagnasse in precedenza, aggiungendo che oltretutto al termine del proprio mandato avrebbe dovuto stare fermo per quattro anni. Cardani si riferisce  al  periodo di incompatibilità stabilito dalla legge 481/95 per i componenti del Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che impediscono a chi riveste il ruolo di Consigliere in Agcom di  poter andare a lavorare nelle società che ha regolato, ciò al fine di evitare che un Commissario  possa essere tentato di aiutare qualche entità soggetta alla regolazione della stessa autorità, per poter poi “rivendere” la sua esperienza lavorativa proprio all’interno di tali entità.

Le norme sulle incompatibilità dovrebbero essere il cardine di una società democratica, come dimostrano al contrario gli eventi legati ai nostri fatti politici e televisivi  sul conflitto d’interessi,  e dovrebbero essere in realtà applicate a tutti coloro che rivestono incarichi dirigenziali all’interno delle autorità come Agcom, non solo quindi ai Commissari. Il principio delle sliding doors, ben conosciuto dagli americani, infatti costituisce il primo e più insidioso attacco all’indipendenza delle Autorità che dovrebbero essere, appunto, indipendenti.

Invece di promuovere lo strumento del conflitto d’interessi a beneficio della collettività estendendo ai dirigenti della propria struttura gli stessi principi valevoli per i Consiglieri, Cardani se ne lamenta, poiché la  propria posizione lavorativa personale, lo esporrebbe a “girarsi i pollici” per quattro anni (mentre può tranquillamente lavorare in qualsiasi altro ambito), dopo aver guadagnato, la bella cifra di due milioni centomila euro.

Una cifra in grado di dotare, serenamente e a beneficio degli utenti, almeno due capoluoghi di provincia della banda larga necessaria per potere, fra gli altri, esprimere democraticamente il proprio pensiero su internet.

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