Doveva essere una claque organizzata e retribuita quella che ha partecipato alla presentazione di Processo alla finanza, il nuovo libro del direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi, presentato il pomeriggio del 23 ottobre alla facoltà di economia di Brescia. A organizzare il tutto la stessa Bankitalia. ”Il nostro Direttore Generale, dr. Salvatore Rossi – si legge in una mail firmata da Massimiliano Marzano, direttore della filiale bresciana – presenterà un suo volume dal titolo Processo alla Finanza. Invito pertanto tutto il personale ad assistere alla interessante presentazione; a tal fine, il personale potrà lasciare la Filiale a partire dalle 15,30 per essere presso l’Aula Magna dell’Università prima dell’inizio della conferenza. Si prega altresì di non timbrare, procedendosi poi ad una timbratura d’ufficio per tutto il personale sino ad integrazione dell’ordinario orario di lavoro di ognuno”.

La mattina del 24 ottobre è arrivata la marcia indietro di Palazzo Koch. In una intervento ospitato sul quotidiano Libero, Salvatore Rossi precisa che la mail sarebbe “nata da un malinteso prontamente corretto”. “Una claque di dipendenti della Banca d’Italia a una presentazione rivolta a studenti e professori è l’ultimo dei miei desideri”, prosegue il direttore generale.

A denunciare tutto era stato Elio Lannutti, presidente di Adusbef, che in una nota aveva chiesto l’intervento della Corte dei conti e della Banca centrale europea. L’associazione dei consumatori parla anche di “andazzo intollerabile che confligge con la crisi sistemica generata dall’avidità dei banchieri, ma soprattutto dagli omessi controlli di colluse autorità vigilanti” e definisce la banca centrale un “sepolcro imbiancato che continua a difendere privilegi borbonici e stipendi da favola”.

“Se un lavoratore pubblico – si legge nella nota Adusbef – i cui stipendi al lumicino sono stati falcidiati da tasse, rincari ed infiniti balzelli, si dovesse assentare per un paio di ore dal posto di lavoro per seguire le conferenze di ministri, sottosegretari, direttori generali dei ministeri od alti burocrati, dovrebbe pagare di tasca propria recuperando le ore di lavoro perdute, anche se Adusbef ritiene improbabile che un dirigente pubblico, dati i tempi di duri sacrifici, possa autorizzare per iscritto e con apposita circolare, la diserzione dall’ufficio con i conseguenti disservizi che potrebbero generarsi, per garantire la claque al proprio direttore generale”.

di Alessio Schiesari

 

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