Mentre in Italia i rubinetti del credito sono chiusi e le imprese soffrono l’aumento dei tassi, in Germania indebitarsi non è mai stato così conveniente. Le aziende tedesche corrono a rifinanziare i debiti con le banche ed emettono bond con tassi dimezzati rispetto al periodo pre-crisi. Lo conferma uno studio di Barkow Consulting (BC) riportato in esclusiva dal quotidiano economico tedesco Handelsblatt. “E’ un caso unico nella storia”, spiega Peter Barkow, partner di BC. “Dal 2007 ad oggi il tasso medio di un credito bancario a cinque anni per le imprese è sceso dal 5,2% al 2,7%”.

Già nel 2013 il risparmio delle imprese tedesche, che nel 2012 hanno pagato interessi per 37 miliardi di euro, è stato di 8 miliardi. Entro il 2016 si prevede un alleggerimento delle spese per interessi pari a 14,6 miliardi solo per i crediti bancari. Se si contano anche le obbligazioni e i crediti in valuta estera si potrebbe arrivare a più di 70 miliardi di euro.

Un’enorme boccata d’ossigeno, che porterà benefici soprattutto alle grandi imprese fortemente indebitate, come le case automobilistiche Volkswagen, Daimler e Bmw. Secondo le stime del Centrum für Bilanzierung und Prüfung (Centro per la Contabilità e la Revisione) dell’Università della Saar, grazie al bassissimo livello dei tassi, le sette più grandi imprese quotate in Germania risparmieranno ogni anno 580 milioni di euro di interessi e non solo sui crediti bancari. Le emissioni di bond a condizioni eccezionalmente favorevoli sono infatti in continua espansione. La Deutsche Post (privata e quotata in borsa) ha appena emesso un’obbligazione al tasso dell’1,5 per cento. Prima della crisi Deutsche Post si indebitava a tassi ben più alti, fino al 5 per cento. In generale i tassi sulle obbligazioni societarie sono scesi da una media pre-crisi del 4,45% al 2,37% di oggi.

Le imprese risparmiano e i risparmi sono impiegati soprattutto in ricerca e sviluppo: secondo i calcoli della società di revisione Ernst & Young le 30 società più capitalizzate della borsa tedesca hanno speso 9,1 miliardi di euro in ricerca e sviluppo solo nel secondo trimestre del 2013: un record storico. Ai primi posti c’è Volkswagen, con 2,6 miliardi, seguita da Daimler, con 1,3 miliardi.

“Tutto merito delle politiche accomodanti della Bce e delle altre banche centrali, che hanno inondato i mercati di liquidità, spingendo i tassi verso il basso”, spiega Handelsblatt. Peccato che la politica monetaria delle banche centrali non si trasmetta con la stessa efficienza e lo stesso effetto stimolante per l’economia negli altri paesi dell’area euro, in particolare nel sud Europa. Nel nostro Paese gli ultimi dati pubblicati da Bankitalia a fine settembre parlano chiaro: prestiti alle piccole e medie imprese in flessione del 4,1% a fine luglio, costo dei finanziamenti in crescita al 4,41%, raccolta obbligazionaria in discesa del 6,3 per cento. I nuovi prestiti obbligazionari collocati dalle imprese italiane nel 2013 hanno tassi ben diversi da quelli che si riescono a spuntare mediamente in Germania: le quattro emissioni di Mediobanca si sono attestate tra il 3,5% e il 3,75%, le tre di Telecom Italia dal 4 al 4,875%, il bond a 5 anni lanciato giovedì con successo da Mediaset offrirà un rendimento del 5,375 per cento.

La differenza con la Germania è come sempre contenuta in una sola parola: spread. Il divario tra i rendimenti dei Btp italiani a 10 anni e i Bund tedeschi di uguale durata, che influenza le emissioni obbligazionarie e gli spread bancari con il “repricing” dei finanziamenti. Oggi lo spread – che incorpora la diversa percezione del rischio che gli investitori hanno nei confronti di Italia e Germania – si muove intorno ai 230 punti base (2,3%) – contro i 574 punti toccati nel novembre del 2011. La situazione è migliorata, ma l’Italia continua a pagare caro il divario con la Germania. E Berlino non sembra intenzionata a smettere di approfittarne.

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