Su Forbes, una delle riviste specializzate in economia e finanza più seguite negli Stati Uniti, il giornalista John T. Harvey ha scritto che l’insolvenza degli Usa è tecnicamente impossibile. Siccome però Harvey non è un economista professionista, lui ha preferito cominciare citando al suo fianco un nome che per quasi vent’anni è stato il “vate” della grande finanza americana: Alan Greenspan, il numero uno della Banca Centrale Usa fino al 2005. Ha detto Greenspan: “Gli Stati Uniti possono pagare qualunque debito che facciano, perché noi possiamo sempre stampare moneta per qualunque esigenza. Il nostro rischio di insolvenza è uguale  a zero”.

E siccome il debito americano è tutto denominato in dollari, cioè la moneta nazionale, che non è vincolata a nessuna rigidità di cambio (tipo la parità con l’oro, già abolita ai tempi di Nixon presidente), quando gli Stati Uniti necessitano di denaro non fanno altro che stamparselo e metterlo in circolazione per qualunque fabbisogno. Ovviamente questo non è un privilegio esclusivo degli Usa. Giappone, Gran Bretagna e tutte le nazioni industrializzate che possiedono una propria moneta nazionale possono farlo. E siccome gli Stati Uniti sono quelli che stampano la moneta più usata nel mondo, essi hanno un privilegio in più. Tecnicamente è solo una “partita di giro” a livello contabile tra la Banca Centrale e il sistema bancario, in un vortice senza fine di debiti e crediti incrociati tra di loro.

E’ così però solo tecnicamente, perché sotto il profilo economico invece qualcosa di importante cambia. Quando il debito cresce sensibilmente si possono verificare tensioni sia sui cambi che sul tasso d’inflazione, il quale a sua volta spinge al rialzo tutti i tassi delle transazioni finanziarie. Si dà il caso però che in questi anni di crisi, nonostante una forte crescita dell’indebitamento, di inflazione non se ne vede, e il cambio del dollaro è sostanzialmente stabile da molto tempo. Ciò significa che quelle preoccupazioni possono restare nel cassetto almeno finché il livello di disoccupazione non sarà sceso sensibilmente.

Tuttavia c’e’ il problema che Greenspan ha fatto la sua dichiarazione diversi anni fa, e Harvey l’ha fatta circa un anno fa, cioè in periodi lontani da quello attuale e non abbiano nell’occasione tenuto conto del limite imposto dal “tetto al debito”, che impedisce ora alla Banca Centrale di muoversi con la libertà necessaria di cui si diceva sopra per risolvere rapidamente il problema del deficit di cassa.

Diceva Harvey un anno fa: “Non essendoci limite al debito che possiamo generare, ed essendo remoto il rischio di pericolosa inflazione, non c’è ragione di dare preferenza oggi alle politiche di austerità. Sarebbe molto più produttivo in questo momento aggredire con forza il vero problema attuale del nostro paese: la disoccupazione. Come si può chiamare responsabile una politica economica che si preoccupa di un debito che i mercati ignorano, e non si preoccupa invece di 12 milioni di persone ancora in cerca di un lavoro dopo 4 anni dalla fine ufficiale della recessione?”.

In definitiva possiamo allora concludere che:

1) La “zavorra” che soffoca l’economia sono i 12 milioni di disoccupati, in questa fase ci vorrebbero politiche di sostegno all’occupazione e all’economia.

2) Le politiche di austerity servono a ridurre il debito, ma generano disoccupazione e soffocano l’economia.

3) Il problema del default non ci sarebbe se non avessero messo un “tetto” al debito.

4) Il “tetto al debito” ha già cominciato oggi a turbare i mercati, ma tra 10 giorni potrebbe scatenare un inferno.

5) L’insolvenza degli Usa, se non modificano il tetto, è tecnicamente possibile.

Articolo Precedente

Vietnam: Giap, la morte di un grande vecchio

next
Articolo Successivo

Kenya, dopo Nairobi riparte il processo ai vertici

next