Chiedono di tornare immediatamente al lavoro i 164 dipendenti dell’acciaieria Riva di Caronno Petrusella, in provincia di Varese. Fanno parte dei 1400 lavoratori che da questa mattina la proprietà ha deciso di mettere in libertà, in risposta all’ultimo maxi-sequestro disposto dalla magistratura di Taranto che sta indagando i vertici del gruppo Riva per il disastro ambientale dell’Ilva. Niente lavoro e niente stipendio. “Un paradosso, perché qui le commesse non mancano”, si lamentano gli operai che da questa mattina continuano a bloccare la strada di fronte alla fabbrica. “Il rischio”, spiega un delegato Fiom, “è che i clienti non aspettino, portando altrove le commesse”. Così, a finire sotto accusa è il magistrato Patrizia Todisco, titolare del provvedimento di sequestro. “Andremo a mangiare a casa sua”, grida in coro chi per bloccare il traffico si è seduto sull’asfalto. E sugli sviluppi della vicenda la maggior parte dei lavoratori di Caronno la vede come la famiglia Riva: “Queste attività non hanno alcun legame con le vicende giudiziarie dell’Ilva di Taranto”. E pur concedendo la legittimità del provvedimento, lo considerano un errore: “Bisogna sequestrare il latte che la mucca produce, non il fieno che le serve per andare avanti”, ragionano, esortando il governo a risolvere al più presto l’emergenza di Franz Baraggino
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