Siamo nella prima parte del Faust, “Studio”. E’ Faust che sta riflettendo ad alta voce, sono i celebri versi….: “Sta scritto: ‘In principio era la Parola’/ e eccomi già fermo. Chi m’aiuta a procedere? / M’è impossibile dare a ‘Parola’/ tanto valore. Devo tradurre altrimenti,/ se mi darà giusto lume lo Spirito./ Sta scritto: ‘In principio era il Pensiero’./ Medita bene il primo rigo,/ Perché non ti corra troppo la penna./ Quel che tutto crea e opera, è il Pensiero?’. Dovrebbe essere: ‘In principio era l’Energia’./ Pure, mentre trascrivo questa parola, qualcosa/ già mi dice che non qui potrò fermarmi./ Mi dà aiuto lo Spirito! Ecco che vedo chiaro/ e, ormai sicuro, scrivo: ‘In principio era l’Azione’!”.
Adoro il Faust e in particolare questi versi, con l’ambizione di declinarli dal mio punto di vista, con un principio tutto mio, con l’essere che amo, al di sopra di tutto… in principio era il gatto. Una declinazione che sembra assurda ma che per me è compiutamente argomentabile. Mi aiuto con tre racconti-romanzi straordinari. Parto dal più semplice e diretto, dall’Elogio del gatto di Vittorio Paliotti, giornalista scrittore e commediografo napoletano e, in particolare dalla conclusione, dove viene narrata l’inevitabile conclusione della vita di Esposito, un gatto di tredici anni con cui lo scrittore aveva condiviso indimenticabili esperienze di vita. “Quando mi arresi all’ineluttabile, presi una tazzina d’acqua e ne spruzzai alcune gocce sulla testa di Esposito. Pronunciai una frase in latino e perciò Esposito, è l’unico (che io sappia) gatto battezzato. Le sue lunghe orecchie divennero ali e lui volò, io so dove volò (p. 25).”
Non ho potuto condividere gli ultimi istanti delle mie due amatissime gattine, Carlotta e Camilla, e l’unico modesto rito che mi è stato concesso dalla sorte è quello di porre una piccola rosa davanti alla foto della bellissima Carlotta e un’altra sulla poltrona della sala dove cinque anni, otto mesi e venti giorni dopo, Camilla morì tra le braccia di mia moglie. Anche per me, che sono sempre stato loro vicino, che le ho sempre condotte in vacanza con tutta la famiglia, sono state esperienza che non riuscirò mai a dimenticare.
Quella stessa esperienza viene narrata nel secondo romanzo del celebre storico della letteratura italiana e critico militante, Alberto Asor Rosa, nel suo Storie di animali e altri viventi. Si rifletta un attimo sullo stesso titolo del romanzo di Asor Rosa: la priorità viene stabilita a partire dagli animali, il primo nucleo di un arca di Noè in formato domestico, e non agli altri esseri viventi che vivranno con loro. Un gatto racconta la sua nascita avventurosa sotto un’automobile parcheggiata in una strada di Roma e poi la sua adozione da parte di un uomo. La simbiosi che si crea tra i due si arricchisce della comparsa di una donna, che a un certo punto della storia si stabilisce nella casa del gatto e dell’uomo (per rispettare le priorità). Infine, arriva un cane femmina e il gruppo diventa completo. La voce narrante non è che l’espressione della sintesi delle quattro persone unificate dal sodalizio affettivo e di vita quotidiana. Anche in questo secondo esempio è nel momento della fine che emerge quella dimensione universale di fratellanza nella vita dei quattro esseri: “Nelle mie uscite primaverili si consumerà a poco a poco quel quoziente di energia che ancora sopravvive alla dispersione crescente degli atomi del mio corpo…allora finalmente, superate tutte le costrizioni delle identità e degli intrecci, delle diversità e dei linguaggi, saremo liberi, liberi e tutti insieme. Allora, solo allora, saremo, e per sempre, finalmente felici”.
E, infine, l’ultimo esempio: Io sono un gatto, dello scrittore giapponese Natsume Soseki, dove il narratore esplicito, diretto è un gatto, che annuncia la sua fine in questo modo: “Non distinguo più la sofferenza dal piacere. Non capisco se mi trovo nell’acqua o su tatami. Dove sia, cosa stia facendo gli è del tutto indifferente, so solo che mi sento bene. Anzi, non provo nemmeno più una sensazione di benessere. Spazzo via polverizzando cielo e terra ed entro nel mistero della pace eterna. Sto morendo. E morendo raggiungo la pace. La pace si ottiene soltanto con la morte”.
“In principio era il gatto”…. Un principio che non si esaurisce nel lasso di tempo in cui la nostra vita è arricchita dalla presenza di uno di questi esseri affascinanti ma che – questa è la mia speranza e la mia convinzione – ritroveremo oltre il limite dei giorni che ci sono stati concessi.