Ci sono molti modi di perdersi a Marrakech, find yours!, trovate il vostro. A me è accaduto sulla terrazza dell’Alhambra Cafè , mentre le prime luci serali brillavano tra i fumi  di Piazza Jemaa el Fna

Obiettivi, sogni e realtà sfumano dolcemente mentre  i colori pervadono la notte araba, i Muezzin richiamano imperiosamente alla preghiera una vociante moltitudine pagana, i flauti incantano serpenti e turisti, ed ai pensieri residui si sostituisce il profumo di menta del tè.  
L’eurocentrismo orgoglioso e un po’ elitatario che ancora mi accompagna pigramente nelle prime ore dei viaggi extra-europei si scioglie pian piano come il cubetto di giaccio che metto nel tè per non bruciarmi la lingua.

Si possono provare molti modi per perdersi a Marrakech…

Ad esempio, nei colori -gli intonaci rossi di Marrakech, il verde delle palme e dei bei giardini, l’arancione degli agrumi, il nero dei chador, il blu degli azulejos…
Nei suoni: dei flauti, dei tamburi, del traffico stridente del centro, delle preghiere, dei richiami dei venditori…
Negli odori: di menta tra tutti, di coriandolo e cumino, di cipolla, della carne stantia al sole e nei suq, degli unguenti per i capelli, di urina e sudore dei cavalli delle calèche…

Nei vapori borbottanti degli hammam, nel vento secco del deserto, come un phon puntato contro, che ti asciuga pelle e pensieri preannunciando dolci naufragi agli improvvidi  propositi. 

Ma non è cosi scontato perdersi, anche perché richiede molti permessi e il superamento di numerosi ostacoli:
culturali – perché non bisogna sentire l’altra cultura ostile;
psicologici – perché non bisogna avere  paura di perdere il controllo di sé;
antropologici – perché si lascia ogni primato e differenza;
religiosi – perché vi abbandonate al Tutto e non ad un semplice Dio in particolare…

Ma non penetriamo troppo nel misticismo! Eravamo più semplicemente in un Cafè con un mojito analcolico a rilassarci un po’.

La mia difficoltà di perdermi, qui, producendomi uno stato di leggera tensione, mi deriva da due ‘fenomeni’: l’onnipresente  ‘cafone’  (non solo arabo) e  ‘l’autismo tecnologico’ (di molti ragazzi):  cafonaggine ed autismo tecnologico sono ormai due epidemie globali in cui si inciampa sempre più spesso ed a cui dedicherò un prossimo post.

Pratico da molto tempo la meditazione, sotto varie forme, con grande discontinuità (e con soddisfacenti risultati), ed ho ormai un pregiudizio,  ne avviso il lettore… vedo difficile il ‘perdersi’ per gli  ortodossi, di qualsiasi religione, così convinti della propria superiorità, quindi diversi, separati- e men che mai vedo possibile per loro ‘ritrovarsi’ in una qualche ‘illuminazione’.

Auguro quindi e comunque di cuore a tutti i lettori (ortodossi e non) di perdervi un po’, ovunque siate o preferiate, anche solo per ritrovarvi, se non più ‘illuminati’ – magari un po’ diversi, magari un po’ migliori – ‘a dispetto dei cafoni’.

PS. Su turismo, responsabilità  e sviluppo rimando al bel post  di Sandro Calvani ‘Crescita sostenibile, la responsabilità fa la differenza’ e invito il lettore interessato ai temi dello sviluppo e dell’innovazione sociale a visitare ‘blog4change’ di ASVI.

 

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