Per secoli, in Italia, i figli naturali (nati fuori dal matrimonio) non sono stati titolari di diritti ereditari ed affettivi nei confronti di padri, nonni, zii e fratelli legati invece da un vincolo legale con i loro genitori naturali. Venivano anzi definiti “illegittimi”. Questo in conseguenza di un principio del diritto romano secondo cui, poiché mater semper certa est, pater numquam (la madre è sempre certa, il padre mai), non vi è padre senza matrimonio.

Ora il governo sembra voglia porre rimedio a questa ingiustizia, perpetrata nonostante, fin dalla seconda metà dell’ottocento, nel diritto italiano esistesse il principio del superiore interesse del minore, applicato tuttavia solo per tutelare i figli (legittimi) dei separati e poi dei divorziati. Addirittura, ancora nel 2004, secondo la Corte di Cassazione il riconoscimento di paternità/maternità era “oggetto di un diritto soggettivo” del genitore, non del figlio, per quanto a questi fosse riconosciuto il diritto all’identità personale e il diritto (ma solo dopo i 16 anni) ad essere ascoltato sulla decisione che lo riguardava.

Intanto, va detto che sia la legge 219 del dicembre 2012, che costituisce un significativo passo per equiparare i figli naturali a quelli nati nell’ambito del matrimonio (introducendo ad es il principio che “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”), sia l’imminente adeguamento legislativo (la cui reale portata verificheremo quando saranno presentate le modifiche) arrivano con molto ritardo. Infatti non solo i Tribunali hanno già dovuto affrontare, risolvendoli in modo avveniristico, molti casi concreti, ma oggi già sono in campo nuove problematiche, come quelle dei diritti dei figli biologici nati da inseminazione artificiale con donazione eterologa (e che si trovano ad avere tre genitori e sei nonni) e dei figli delle coppie gay.

Comunque, meglio tardi che mai. Infatti un adeguamento legislativo che completi il cammino iniziato con la legge varata a dicembre scorso sarebbe generale e vincolante, rendendo automatici diritti per i quali oggi si deve ricorrere alla giustizia. Peraltro, mediante l’equiparazione saranno automaticamente riconosciuti i diritti dei figli di ciascun componente di una coppia omosessuale che siano stati concepiti fuori da un rapporto matrimoniale.

Anche per questo, sebbene il governo contenga anime di destra e di sinistra, cattoliche e non, pavento critiche e ostruzionismo da parte dei benpensanti (magari con amante e prole illegittima ma sempre ipocritamente a favore della famiglia fondata sul matrimonio). Perché il matrimonio diviene automaticamente non più necessario per creare un rapporto familiare. Infatti le modifiche proposte, una volta approvate, agirebbero su due punti fondamentali: eliminazione, nei riferimenti legislativi, delle differenze fra figli naturali, legittimi, adottivi, restando per tutti solo il sostantivo figli, e poi sostituzione per legge del concetto di potestà genitoriale con quello di responsabilità genitoriale già presente in alcune sentenze.

Con le modifiche normative sarebbe quindi pienamente realizzato ed addirittura superato l’articolo 30 della Costituzione (“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.“) e ci metteremmo al passo con gli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che, come sottolineato dalla Corte europea dei diritti umani, vietano le discriminazioni in base alla nascita e la distinzione fra famiglia legittima e illegittima. Inoltre si concretizzerebbe appieno, in materia di diritto di famiglia e di successione, il superiore interesse del minore, perché chi è stato generato sarebbe un pieno soggetto di diritti nei confronti dei genitori e degli altri parenti.

Colui che genera un figlio non è ancora un padre, un padre è colui che genera un figlio e se rende degno”, diceva Dostoevskij, e credo sia un principio applicabile anche alle madri. Ci auguriamo che l’adeguamento normativo comporti anche una crescita culturale in tal senso.

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