In un angolo appartato del Paese di Credulonilandia si dice sorga da tempo il cimitero del carisma; quel luogo dove vengono definitivamente seppellite le velleità dei leader situazionali che, ballando sulla scena della politica per un’estate o poco più, hanno illuso torme di fan con la promessa della propria presunta eccezionalità.

Qualcuno sostiene trattarsi di una leggenda, analoga a quella degli elefanti. Eppure ricorrenti testimonianze orali confermano che tra le lapidi ombreggiate dai cipressi, in un certo angolo appartato dietro il Parlamento, continuano ad aggirarsi i simulacri di antichi capipopolo e di leader baciati per qualche istante dal successo, ormai ridotti alla condizione di sfocati ologrammi. Chi si ricorda più perfino il nome di Antonio Di Pietro, il magistrato del popolo che sulla scia di Mani Pulite (e un portentoso capitale di immagine piovuto dal cielo) prometteva la totale moralizzazione della politica trafficando con i rimborsi pubblici, praticando nepotismi da papa Borgia e arruolando sotto lo stendardo dei Valori un’accozzaglia di avventurieri interessati soltanto alla borsa dei valori? Eppure ci fu un tempo in cui folle di credenti giuravano sui poteri taumaturgici del Tonino da Montenero di Bisaccia.

Così come buona parte della stampa nazionale – Eugenio Scalfari e Ferruccio de Bortoli in testa – garantì a lungo l’eccezionalità di un’altra ombra che ora si aggira avvolta nel suo loden d’ordinanza: il tecnico dei tecnici Mario Monti, oggetto per quasi un anno di un culto denominato “montilatria”. Sembra impossibile, ma in quel tempo le vestali del rito bocconiano arrivarono a sostenere la tesi assurda che la compagine ministeriale guidata dal Monti (chiagni e fotti Elsa Fornero, Corrado Passera, l’italianizzatore di Alitalia…) fosse in grado di risanare il Paese, non di limitarsi ad offrire apprezzati servizi a banchieri, famiglie Fiat e altri interlocutori con il comune tratto della danarosità. Oggi il fantasma del fu osannato SuperMario incontra difficoltà a farsi prendere sul serio persino da due piccoli, insignificanti fuochi fatui chiamati Pierferdinando Casini e Cordero di Montezemolo.

L’ultima entrata nella combriccola delle ex promesse (non mantenute) è un giudice siciliano dalla barba incolta da una settimana, che si è smarrito tra il Guatemala e la Valle d’Aosta. Concionava di rivoluzione civile e ha finito per fare comunella con tutti i residuati bellici della rivoluzione a parole e dell’inconsistenza civile. Così si è rapidamente trasformato in un caso umano: ancora non si rende ben conto della sua attuale condizione fantasmatica e presume di poter intraprendere chissà quali nuove iniziative. Come se ancora abitasse tra i vivi, il meschino. L’arte di ritirarsi per tempo è sempre rara e difficile.

Come ce lo ricorda il roco vocione di un altro inquilino del cimitero della carismaticità, riconoscibile per la camicia e la pochette pistacchio: Umberto Bossi, lo studente fuori corso della scuola per corrispondenza Radio Elettra che riunì a Pontida un popolo travestito da Obelix e da patrioti scozzesi di mille anni prima: prometteva liberazioni del Settentrione da Roma ladrona circondandosi di quaranta ladroni, possibilmente provenienti dal Meridione. Cresce il numero degli ospiti del cimitero in cui il presunto carisma trova sepoltura.

Gente diversa ma con un tratto in comune: la loro temporanea eccezionalità era un attributo proveniente dalla credulità di un pubblico disperatamente bisognoso di credere, anche nel più improbabile dei pifferai. Che ora attendono i prossimi arrivi di personaggi con la data in scadenza. Potrebbero essere Matteo Renzi, a rischio di essere rottamato da un altro pretino con gli artigli tipo Enrico Letta, o Beppe Grillo, il Saturno che si è divorato per iomania tiranneggiante un successo miracoloso, con annessi 161 parlamentari.

Ma la vera apoteosi avverrà quando il supremo depositario del carisma fasullo, foraggiato da arcispregiudicatezza miliardaria e pluridecennali lavaggi del cervello televisivi, sarà spedito al loculo che lo attende da troppo tempo: Silvio Berlusconi. Chissà che non ci riesca a farlo proprio oggi pomeriggio il tribunale di Milano.

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