C’è una cosa che rende ancora più scandaloso quello che è accaduto negli ultimi dieci anni tra lo Stato e la Valtur. Ieri Piazza Pulita, riprendendo uno scoop pubblicato poche settimane fa da L’espresso, ha mostrato i viaggi gratis fatti da molti politici del centrodestra nei villaggi della Valtur: da Renato Schifani a Simona Vicari, il sottosegretario allo sviluppo del Pdl che si deve occupare della crisi del gruppo per ironia della sorte. Per non parlare degli sconti accettati dal ministro dell’interno Angelino Alfano che ha svicolato di fronte alle telecamere. Il servizio dell’inviato Gaetano Pecoraro mostrava poi i collegamenti sui quali sta indagando la Procura di Trapani tra il gruppo della famiglia di Carmelo Patti di Castelvetrano e il commercialista Michele Alagna, cognato del capo della mafia trapanese Matteo Messina Denaro, di Castelvetrano anche lui.

A rendere scandaloso il caso Valtur è che undici, ripetiamo, undici anni fa sull’Espresso avevamo già scritto tutto: l’acquisto del villaggio da parte del cognato di Messina Denaro con i soldi dei Patti, le vacanze con lo sconto ai politici (allora erano di centrosinistra perché aveva governato quella parte politica) e poi i collegamenti del gruppo Patti con gli uomini vicini a Matteo Messina Denaro. Sugli stessi identici fatti, a distanza di 11 anni, ora la Procura di Trapani sta cercando di ottenere una sentenza che irroghi la misura di prevenzione del sequestro (non una condanna per mafia nel merito quindi ma solo un verdetto di pericolosità sociale) contro il patron della Valtur. In quell’articolo raccontavamo anche i rapporti ottimi tra Patti e l’allora sottosegretario all’interno Tonino D’Alì, ora sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Entrambi i procedimenti sono basati su fatti vecchi che avevamo già raccontato allora sulla stampa. La sensazione è che su questi fatti che coinvolgevano il trapanese nell’era della Procura diretta da Piero Grasso e poi da Giuseppe Pignatone la scelta è stata diversa da quella della procura di Trapani e della Direzione Distrettuale di Palermo oggi. Le diverse politiche giudiziarie dei capi delle procure e delle diverse sedi competenti sul caso Valtur ha ritardato l’accertamento dei fatti in un’aula di Tribunale. Con un piccolo paradosso: le misure di prevenzione patrimoniale – se anche fossero ottenute – sarebbero tardive e colpirebbero un patrimonio ormai depauperato da una gestione sballata. Inoltre parlare oggi di misure di prevenzione sembra assurdo. Come si comprende dal nome, le misure patrimoniali del sequestro o personali, della sorveglianza speciale, mirano a preservare la società e l’economia da un soggetto o da un gruppo pericoloso per la sua vicinanza alla mafia, ancorché non colpevole di reato. E allora, che senso ha preservare la società quando gli esponenti massimi della medesima, cioé il ministro della Giustizia o il presidente del Senato non solo non temevano la Valtur e il suo patron ma ci andavano a cena e ci facevano il bagno in piscina?

Nonostante la pubblicazione sull’Espresso di quell’articolo che spiegava tutto già 11 anni fa, il ministro della giustizia Angelino Alfano e il presidente del senato Renato Schifani, oggi divenuti ministro dell’Interno e capogruppo del Pdl, non hanno avuto nessun problema a villeggiare, per giunta a sbafo – almeno in parte – nel villaggio del ‘pericoloso’ Patti, proprio quel Valtur che i magistrati oggi vogliono sequestrare. Se fossi l’avvocato di Carmelo Patti mi difenderei così: “Vostro onore ma con quale faccia oggi lo Stato vuole sequestrarmi il patrimonio nel quale fino a ieri mangiava a sbafo e faceva il bagno in piscina?”.

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