Posso sembrare insistente, perché ho già parlato del Capitano Mbaye Diagne in altre occasioni; ma il Capitano è importante, perché è una forza catartica, una ragione di speranza in mezzo ad un oceano di indifferenza e di complicità con il male.

Per fortuna non l’unica, come dimostrano in tempi e luoghi diversi persone a prima vista comuni, ma nei fatti realmente straordinarie per umanità e coraggio, come l’anziana contadina ruandese Zura Karuhimbi, il console onorario d’Italia Pierantonio Costa, il finto Console Generale di Spagna Giorgio Perlasca, il diplomatico svedese Raoul Wallenberg, il medico piemontese Carlo Angela,o ancora il muratore Lorenzo Perrone, amico di Primo Levi ad Auschwitz, che a loro volta non rimasero seduti ad accettare passivamente la distruzione della vita umana, sperando di salvare la propria.

Ma oggi, qui, per noi, il Capitano ha un significato speciale, perché diciannove anni fa, il 31 maggio 1994, egli diede la sua vita per gli altri, e per l’Onu, servendo fedelmente il suo affermato ideale di mettere un termine definitivo alla guerra e al genocidio nel nostro pianeta. Per me, quest’uomo gentile, simpatico, coraggioso e generoso, nella sua semplicità, nella sua sincerità, era animato dalla vera motivazione che, senza dovere necessariamente portare alla morte di persone, dovrebbe animare il personale delle Nazioni Unite nel suo insieme.

Il Capitano incarna il senso stesso della Carta fondatrice dell’Onu, e non è morto per avere fatto il bene, ma soltanto perché fu lasciato solo. E’ questo che è inaccettabile. Come disse Martin Luther King, «alla fine ci ricorderemo non delle parole dei nemici, ma del silenzio degli amici». Se un maggiore numero di persone facesse il bene, non ci sarebbe bisogno né di santi, né di martiri, né di profeti morti.

Il Capitano aveva una moglie, Yacine, e due figli, Coumba e Cheick. Yacine mi ha raccontato chi era il Capitano, e che ne è stato della sua famiglia, dopo la morte.

«Il Capitano Mbaye Diagne è stato un ufficiale dell’esercito senegalese. Nel 1993-1994 ha servito le Nazioni Unite. Nella vita di tutti i giorni, Mbaye Diagne era un uomo gioviale, tenero, amabile e che amava la sua famiglia con passione. Era un uomo coraggioso che è stato su tutti i fronti, in Casamance, in Ruanda… »

«E’ partito per la sua famiglia e ha onorato la sua famiglia, il suo paese e l’Esercito Senegalese, e le Nazioni Unite. Salvare una sola vita è già una cosa molto grande, e lui ha salvato molte vite, ha voluto salvare l’umanità al completo»

«Dopo la sua morte, siamo rimasti nell’anonimato e fino ad oggi siamo nell’anonimato, viviamo con i nostri mezzi. Ho dovuto allevare i bambini senza di lui. Mia figlia Coumba ha avuto molti problemi di salute, è stata operata alla gola, non avevamo assicurazioni sulla salute, per pagare l’operazione siamo ricorsi all’aiuto della nostra famiglia»

«Alcune persone di buona volontà ci hanno aiutato. Dopo la morte del Capitano i bambini hanno perso il sostegno economico, hanno perso anni di scuola. L’Onu ci ha dimenticato, non si preoccupa delle famiglie di quanti hanno dato la vita per essa. Ci hanno solo pagato la polizza sulla vita del Capitano diciannove anni fa, poi addio»

«I soldi che abbiamo avuto li abbiamo utilizzati per costruire una casa alla mamma del Capitano. Noi stessi siamo senza casa, quella che il Capitano aveva costruito sta crollando, sono dovuta partire con i miei figli a casa di mia sorella. E la mamma del Capitano è vecchia, e non sta bene di salute. Alcuni amici ci hanno aiutato a creare una piccola associazione in memoria del Capitano, un’associazione che non ha molti mezzi, ma ci ha aiutato a rimettere i ragazzi a scuola, ed a curare la mamma del Capitano. Non riusciva più a camminare, ma ora sta meglio, cammina con il deambulatore comprato dall’associazione, dorme su un materasso ortopedico. Ci sono persone buone che le inviano un po’ di soldi ogni mese per tirare avanti»

«Spero che i miei figli possano continuare gli studi, era anche il sogno più caro del loro padre. Se fosse vivo potrebbe occuparsene lui, per questo io penso che le Nazioni Unite potrebbero ricordarsi non tanto di noi, ma di tutte le famiglie di quanti sono morti al loro servizio. Quante altre famiglie senegalesi, ghanesi, europee e di ogni nazionalità hanno perso qualcuno servendo le Nazioni Unite, ed ora sono dimenticate. Potrebbero per esempio aiutare i nostri figli a studiare. E anch’io voglio avere una possibilità. Se ne avessi i mezzi, potrei mettere su un piccolo commercio, almeno per poter provvedere ai miei bisogni. »

«Abbiamo contattato l’Ufficio dell’ONU per l’Africa dell’Ovest, qui a Dakar, per sostenere i ragazzi agli studi, così come sostengono i loro figli tutti i dipendenti dell’Onu che sono ancora vivi, ma non ci hanno ancora risposto»

«Il Capitano è stato riconosciuto ed onorato dal Presidente del Rwanda Paul Kagame, dalla Segretaria di Stato Americana Hillary Clinton, dal Giardino dei Giusti nel vostro paese, l’Italia, ma mi chiedo perché il Governo del suo stesso paese paese e le Nazioni Unite non abbiano ancora riconosciuto quello che il Capitano ha fatto. Sono triste. »

Ps: Anche la Bbc ha voluto intervistare la Signora Yacine Diagne, potete ascoltare l’intervista, uscita oggi, qui .

Pps: Le ultime notizie (risalenti al 28 maggio) di cui dispongo a riguardo della nostra compatriota Barbara De Anna ustionata in Afghanistan in un attacco dei talebani, sono che è stata trasferita in Germania, in un’unità «Grandi ustionati» vicino a Mannheim, conosciuta per il suo avanzato Dipartimento di plastica ricostruttiva, dice l’ANSA.

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