Sono almeno cinque i feriti in seguito agli scontri di Piazza Verdi avvenuti nel pomeriggio tra la polizia, i carabinieri e un centinaio di studenti e militanti del collettivo Cua radunatisi nella zona universitaria per partecipare a un’assemblea pubblica. Perché quello che doveva essere “un momento di confronto pacifico per discutere e dialogare” si è trasformato velocemente in una serie di violenti tafferugli, iniziati allo scopo di “cacciare la polizia” dalla piazza. Alle 18 i giovani si sono radunati in via Zamboni con l’obiettivo di convocare un incontro tra studenti, precari e lavoratori “aperto a tutti”, per discutere “della crisi economica che le istituzioni non sono in grado di gestire”, dei tagli imposti alla sanità, all’istruzione e ai servizi e, soprattutto, della vita universitaria all’interno della città. “L’Alma Mater, con la mensa più cara d’Italia, la gestione repressiva Dionigi e le risorse che scarseggiano” erano solo alcuni dei punti che il collettivo voleva affrontare.

Ma in seguito ai tafferugli di giovedì, scontri nati quando la polizia era intervenuta per bloccare la prima assemblea “clandestina”, degenerata in strada con tanto di barricate fatte di tavoli e sedie, lancio di bottiglie e feriti, però, le forze dell’ordine erano pronte ad attenderli. Del resto il sindaco Virginio Merola l’aveva anticipato: “Non esiste che si parli di studenti repressi. Quella è una piazza pubblica e nessuno può dire che sia sua, si sta degenerando, è ora di intervenire e adesso si interviene”. I due fronti, quindi, si sono ben presto incontrati davanti all’imbocco della piazza e, contro gli uomini in divisa, i ragazzi hanno gridato slogan e insulti: “Via la polizia”, “servi”, “volete impedirci di riunirci pacificamente ma la piazza è un diritto”.

Tra i ragazzi c’era anche Valerio Monteventi del Vag 61: “Non si può fare un’assemblea col megafono? ma dove siamo finiti? Questa volta nessuno ha portato le casse” ha sottolineato riferendosi alla violazione contestata giovedì ai manifestanti. Secondo il regolamento comunale, infatti, nel corso della precedente assemblea interrotta dall’arrivo delle forze dell’ordine i ragazzi non erano autorizzati a allestire alcun impianto di amplificazione. Tanto che per la presidente del quartiere San Vitale Milena Naldi quella era stata una delle ragioni per cui erano iniziati gli scontri: “Se avessero fatto l’assemblea senza amplificazione non sarebbe successo niente”.

“Piazza Verdi è militarizzata solo perché creare uno spazio aperto e libero fa troppa paura a questa città – grida qualcuno al megafono – vogliamo che la polizia si sposti e ci consenta di fare assemblea pacificamente. Se c’è un congresso illegittimo quello è il Parlamento, dove i partiti inciuciano a spese nostre”.

“In un contesto urbano attraversato dalle mille contraddizioni della crisi – commenta un manifestante – ma al contempo potenzialmente ricco di vita, l’idea che i poteri bolognesi riescono a proporre è una sola: il deserto sociale, la svalutazione e dismissione del sapere, la gentrificazione, le complessità ed anche i sani conflitti del sociale gestite solo con la polizia e i manganelli”.

La folla, poi, ha tentato di avanzare lungo via Zamboni per conquistare la piazza ma le forze dell’ordine hanno serrato i ranghi e sono iniziate le prime violente cariche: lanci di bottiglie, spintoni, manganellate. Almeno un carabiniere è rimasto ferito, oltre al fotografo di Repubblica Mario Carlini, che ha riportato una ferita al volto e a tre manifestanti, colpiti da vetri rotti e da manganellate.

“E’ questo che fa la polizia – si sfoga una ragazza del Cua – sanno solo usare la violenza, questa è repressione cilena”. Celerini e carabinieri in tenuta antisommossa sono stati costretti ad arretrare sino a Largo Respighi, a lasciare quindi Piazza Verdi ai ragazzi del collettivo che immediatamente hanno iniziato la loro assemblea. “La vittoria”, precisano però al megafono “è solo il primo atto”: domani, in piazza, sarà il turno di Làbas a rivendicare la “libertà di manifestazione” nella zona universitaria.

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