E di queste piccole soddisfazioni, questo maestro elementare in pensione, ne ha davvero avute tante. Gli anziani gli chiedono vecchi libri di seconda o terza elementare: “Riprendono a leggere lì dove s’erano fermati con gli studi”. Un tempo lo chiamavano il “maestro che si fa rubare le arance“. Erano gli anni Settanta, Craco era crollata sotto i colpi di una frana, la popolazione s’era trasferita in una tendopoli e Antonio lasciava sempre una cesta di arance in auto. L’auto restava rigorosamente aperta. I bimbi gli chiedevano spesso, troppo spesso, di andare in bagno; e lui sapeva perché: con soddisfazione, trovava sempre la cesta svuotata. “Dieci anni dopo un mio ex alunno è venuto a trovarmi con una cesta: ‘Grazie per quelle arance, queste uova sono per lei'”.
Questa è la scuola per Antonio La Cava. Dieci anni fa iniziò quest’avventura a bordo di un’Ape 50. “Ero così entusiasta che nel 2003 la portai a Torino, al Salone del Libro, caricandola sul camion di mio fratello. Non avevo mai guidato un camion prima d’allora: oltre la strada presi anche parecchi marciapiedi. Poi ebbi un premio dal Ministero: 6.700 euro. Comprai un’Ape più potente. Qui in città, il sabato, ho le mie fermate, scadenzate ora per ora: arrivo, parcheggio, i bimbi si avvicinano e prendono in prestito i libri che desiderano. “Vuoi un libro da leggere? O un libro da scrivere?”. Spesso i bimbi desiderano scrivere. “Ne vuoi uno bianco o uno che è già alla seconda puntata?”.
Mentre sfoglia i libri scritti dai bambini, Antonio si commuove: “Raccontano se stessi“. E aggiunge: “Io mi sento un maestro di strada: la scuola, più va fuori dalla scuola, meglio svolge il suo ruolo. Un esempio: spesso i ragazzini sono annoiati e litigiosi. Dal litigio nasce l’espulsione di qualcuno dal gruppo e un giorno trovo un ragazzino che se ne sta per i fatti suoi. Ha scritto sul muro: ‘fesso chi legge’. Arrivo con il mio “bibliomotocarro”: c’è chi legge per terra, chi sul muretto, ma quel ragazzino non prende il libro: è schiavo della sua scritta: ‘fesso chi legge’. Una bimba gli porta un libro, lui lo sfoglia, sorride e con il gessetto corregge: ‘fesso chi non legge’. Quel libro ha curato il suo disagio”.
Ora Antonio vorrebbe comprare un mini bus e allestire una mini banda musicale. I soldi non sono ancora abbastanza. In compenso, è ricco dei piccoli capolavori firmati dai “suoi” bambini, a volte più brevi di un tweet: “C’era una volta una palla parlante che giocava e scherzava e un giorno trovò una pallina che non parlava. E la palla parlante le chiese: ‘chi sei?’. La pallina non rispose”.
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