Gli ospedali al collasso e i manager che si appropriavano dei soldi indebitamente per una cifra intorno ai 14 milioni di euro. Una storia di crisi finanziaria e di saccheggio di risorse che travolge la Provincia italiana della Congregazione dei figli dell’Immacolata concezione, istituto religioso che ha la proprietà di ospedali e strutture di cura di primo livello: Idi e San Carlo a Roma e Villa Paola a Viterbo. Il meglio della sanità vaticana, travolta dallo scandalo.

Ai domiciliari è finito Padre Franco Decaminada, dal 2006 al 2011 ai vertici della provincia italiana della congregazione, in carcere, invece, Domenico Temperini, per lungo tempo direttore generale dell’Idi durante la gestione Decaminada, ma anche amministratore unico della Elea scrl e Elea Spa, società controllate dalla provincia italiana. Le accuse sono appropriazione indebita, bancarotta, emissioni di fatture per false operazioni nell’inchiesta della Procura di Roma, condotta dalla guardia di Finanza, nucleo di polizia tributario della capitale. Misure cautelari giustificate dal pericolo di inquinamento delle prove e reiterazione del reato.

Nell’ordinanza, firmata dal Gip Antonella Capri, emerge un quadro di spoliazione delle casse degli ospedali e della provincia italiana anche durante il periodo di profonda crisi. Il comparto Idi sanità ha, infatti, un debito che supera i 600 milioni di euro e ha chiesto al tribunale fallimentare di Roma l’ammissione al concordato preventivo. “ In quegli stessi anni in cui si aggravava la crisi finanziaria del comparto Idi-Sanità ( risalente agli anni 2007-2008) – scrive il Gip – tanto da esitare in un grave stato di decozione, risultano essere state sottratte indebitamente alla provincia italiana risorse finanziarie assolutamente ingenti per un ammontare, allo stato, accertato in misura non inferiore a 14 milioni di euro”.

Il sistema era molto semplice attraverso uno scacchiere di aziende. I soldi della provincia finivano a due società, Elea scrl e Elea Spa che emettavano false fatturazioni per prestazioni mai erogate. Da queste società, con lo stesso sistema rodato di fatture mendaci, transitavano alla Gi.esse riconducibile a Temperini, da questa venivano girate agli indagati, a Decaminada e allo stesso Temperini e familiari ( ex moglie, nuova compagna, padre). Per questo agli indagati viene contestata anche la bancarotta della società Elea che veniva utilizzata come strumento per distrarre e trasferire il denaro dalla provincia alla Gi.esse prima di finire agli indagati e congiunti.

Lo schema viene raccontato da Milena Di Felice, che si occupava della parte amministratriva delle società Elea, che agli inquirenti spiega: “ Circa i rapporti tra Gi.esse e Elea Spa e scrl, evidenzio che non vi era alcun contratto sottostante alle fatture. Temperini mi diceva di predisporre dei bonifici a favore della Gi.esse, dai conti della Elea, e successivamente, io stessa, su sua indicazione, provvedevo a compilare e a stampare presso gli uffici dell’Elea, le fatture intestate Gi.esse e indirrizate alle due Elea”. Meccanismo perfetto e rodato, scoperto dalle fiamme gialle. Ma c’era un altro modo per saccheggiare le strutture ospedalierie e la provincia, molto più semplice attraverso prelievi diretti. Padre Franco Decaminada, nel periodo di accertamento dal 2006 al giugno 2012, “ha prelevato in contanti dalle casse dell’Idi la somma complessiva di oltre due milioni di euro senza alcuna giustificazione”.

Nell’inchiesta che vede indagate altre dieci persone, è finito ai domiciliari per bancarotta anche Antonio Nicolella, ex Sismi, che, nel periodo di reggenza di Decaminada, si occupava all’Idi di sicurezza. E’ l’uomo degli affari in Congo attraverso la società di diritto lussemburghese Ibos II di cui è membro del cda, alla quale risultano trasferiti dalla Elea circa 800 mila euro. Oltre agli arresti, la finanzia ha sequestrato la villa a Grosseto di Padre Franco Decaminada, nel possesso della società a lui riconducibile la Punto immobiliare S.r.l. Anche in questo caso la Punto, per l’acquisto e ristrutturazione dell’immobile, è stata destinataria di denaro, oltre 900 mila euro, provento dell’appropriazione indebita, soldi giustificati con l’emissioni di fatture inesistenti.

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