A Cipro dopo il fallimento di un’isola pensata come cassetta di sicurezza, il nuovo modello di sviluppo prospettato da alcuni politici è la sua trasformazione in un casinò in mezzo al mare. Una ludocrazia basata sulla ludopatia. In una periferia, nemmeno tanto romantica di Milano, via Morgantini, una gelateria di quartiere chiude, non è per la crisi, di gelato se ne vendeva. Al posto delle vaschette con tanti gusti, gli abitanti della zona trovano ora tante slot machine ben allineate pronte a inghiottire euro e illusioni.

Continua così l’invasione del gioco d’azzardo che cambia il volto e l’umore delle nostre città. Se chiedete al gestore di un bar perché ha deciso di installare le macchinette, vi dirà che ci paga l’affitto o lo stipendio dei dipendenti. Quanto durerà questo gioco? Secondo un detto popolare, poco. Ma questo purtroppo non è un bel gioco. Interrogati dai ragazzi di Libera a Pavia, i baristi dichiarano di non volerci rinunciare, una slot ogni 110 abitanti. Chi ci ha provato si è trovato in un mare di guai con pesanti cause legali e un debole sostegno delle amministrazioni locali (alcune cointeressate) strette tra rigore di bilancio, una legge molto permissiva di uno Stato che in prima persona ci guadagna, con le organizzazioni mafiose che svolazzano macabramente.

Aveva fatto molto scalpore e tanta simpatia la tabaccaia di Cremona, che per prima ha deciso di togliere le macchinette, stufa di vedere persone rovinarsi sotto i suoi occhi. Oggi non ha più voglia di parlarne, impegnata come è a fronteggiare le penali dei gestori del sogno tintinnante. Se non possiamo fare molto per chi ha imboccato questa via, possiamo aiutare, chi vorrebbe intraprenderla, a non farlo. Cercando di ragionare sul lungo periodo e svelando le false promesse di arricchimento facile. Come per buona parte della finanza odierna tutto è basato sulla catena di Sant’Antonio e chi entra per ultimo ha sempre meno probabilità di trovare un posto al sole, dato che i posti sono limitati e probabilmente esauriti.

Chi decide per le slot oggi, farà parte del gioco, non nel ruolo del banco, come si vuole far credere, ma come semplice giocatore. In pratica scommette che altri continuino a giocare. Nuovi rischi si aggiungono, il numero di bar svaligiati è in crescita e gli assalti ai portavalori pure, oltre alla fisiologica perdita di clienti non ludopatici. Forse questo ragionare non serve, serve di più, l’azione di qualche sindaco che si oppone tenacemente al concedere licenze per nuove sale da gioco, o propone esenzioni fiscali per chi decide un’altra strada, o la scelta di quanti frequentano solo bar no-slot, o ancora le parole della tabaccaia di Cremona, che vuole veder tornare gente sorridente nel suo locale, seduta in santa pace, magari con i bambini, a consumare un caffè, in un bar normale e non in una bisca di Stato.

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