Nel giorno di San Valentino del 2011, la rotonda della Perla, al centro della capitale Manama, si riempì di migliaia e migliaia di donne e uomini che chiedevano giustizia, uguaglianza, diritti, libertà. Erano, allora, le parole delle piazze arabe, e la rotonda della Perla era la piazza Tahrir del Bahrein.

Tre giorni dopo scattò una repressione durissima: tende stracciate e bruciate, arresti, pestaggi, manifestanti colpiti alle spalle e uccisi, torture. La rotonda della Perla venne riconquistata in poco tempo dai soldati del re Ḥamad bin ʿĪsā Āl Khalīfa.

Nei mesi successivi, con l’appoggio di truppe saudite e di altri paesi membri del Consiglio di cooperazione del Golfo, si compose uno spaventoso quadro di violazioni dei diritti umani, tuttora in corso e poco visibile grazie alle cortine fumogene di comunicazione sollevate dalla famiglia reale e alla copertura politica di Stati Uniti e Gran Bretagna.

A Londra, però, ultimamente, qualcuno ha rotto il silenzio, attirandosi le ire… dell’Arabia Saudita!

A due anni esatti da quel San Valentino, c’è stata la più recente delle decine di uccisioni compiute dalle forze di sicurezza del Bahrein: Hassan Al Jazeeri, 16 anni, colpito a morte (secondo testimoni, da distanza ravvicinata) durante una protesta nel villaggio di al-Daih, a ovest di Manama.

È proprio lontano dalla capitale, nei villaggi raramente frequentati dalla stampa internazionale, quand’anche riesca a entrare nel paese, che si verificano gli episodi peggiori di repressione: cacce all’uomo, di casa in casa, alla ricerca di agitatori e “terroristi”. È in quei villaggi che i gas lacrimogeni rendono l’aria irrespirabile, causando gravi problemi respiratori e aborti. È in quei villaggi che, tuttavia, accorrono anche i difensori dei diritti umani con i loro smartphone e, via Twitter, raccontano in tempo reale al mondo, a chi nel mondo abbia interesse a saperlo, cosa accade in Bahrain. 

Dopo l’uccisione di Hassan Al Jazeeri, il Bahrain center for human rights ha lanciato un’accusa precisa: l’Europa arma la repressione. La polizia e i militari sparano pallini da caccia ciprioti, usano gas lacrimogeni di fabbricazione sudafricana ma di un’azienda tedesca e hanno in dotazione fucili italiani.

In occasione del secondo anniversario della rivolta dimenticata del Bahrain, Amnesty International ha lanciato un appello mondiale per chiedere la scarcerazione di 13 prigionieri di coscienza, attivisti dell’opposizione e difensori dei diritti umani, che stanno scontando condanne da cinque anni all’ergastolo per reati inesistenti. Vi prego di firmarlo.

(Foto Lapresse)

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