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Trenord e il calvario dei pendolari

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Il nuovo sistema informatico dell’assegnazione dei turni di lavoro per i treni locali lombardi, è andato drammaticamente in tilt, con gravi disagi per i passeggeri, che sembrano estendersi per più giorni. Sono cose che succedono, per carità. Il problema sono i tempi di reazione dell’azienda, che sembrano assurdamente lunghi: non si tratta, per fortuna, di un incidente fisico che abbia poi tempi tecnici di ripristino necessariamente estesi. Sembra si possa dedurne che son mancati collaudi prima, e dispositivi adeguati per gestire l’emergenza poi.

Contemporaneamente il responsabile dell’azienda è agli arresti domiciliari per tutt’altre vicende, ma che sembrano di particolare gravità. Non appare ovviamente alcun nesso diretto con i fatti attuali, ma un’ombra sulle competenze tecnico-manageriali complessive dell’azienda sicuramente sì.

Ora, al di fuori degli aspetti più tecnici dell’incidente, necessariamente oggetto di indagini interne, l’unica cosa analizzabile dall’esterno è il contesto della società Trenord, nata da una recente e assai anomala fusione tra Trenitalia di FS, e Ferrovie Nord Milano, l’azienda ferroviaria di proprietà della regione Lombardia.

Molti studiosi del settore avevano obiettato che questa iniziativa fosse lesiva della possibilità di aprire il settore ad una maggiore concorrenza, che, anche secondo l’agenda Monti iniziale, è l’unico modo efficace per ridurre i sussidi e migliorare la qualità dei servizi. L’esperienza tedesca nel settore era un ottimo esempio. Da noi, la Regione Piemonte aveva provato a fare una gara “spezzatino” per i suoi servizi ferroviari, ricevendo molte offerte internazionali di tutto rilievo. La furiosa reazione del ministro allora in carica, dei sindacati (più comprensibile data le differenza dei costi del lavoro con il settore privato), e di Trenitalia, seguita dal cambio di amministrazione dal centro-sinistra al centro-destra, aveva annullato la ‘pericolosa’ iniziativa. Chiaramente, la liberale Lombardia si è mossa subito in direzione opposta (né si è sognata di mettere in gara alcunché).

Si potrebbe obiettare: ma la fusione, anche se anticoncorrenziale, non potrebbe determinare risparmi di soldi pubblici? In teoria sì, in pratica il piano industriale presentato dalla nuova società postulava un aumento dei sussidi, e questo in un periodo in cui la crisi fiscale adombrava già forti rischi sulla disponibilità, fino allora generosissima, di soldi pubblici.

Né si può dimenticare che la proprietà pubblica di aziende monopolistiche determina un vistoso conflitto di interessi: prevalgono ovviamente obiettivi diversi, spesso di voto di scambio o peggio, rispetto alla fornitura di buoni servizi a minimi costi pubblici ai cittadini. Infatti, nessuna delle regioni che si è rifiutata di fare le gare, o le ha fatte vistosamente per finta in modo che il gestore non cambiasse, si è mai sognata di fornire spiegazioni pubbliche di questa scelta (se non, a volte, quelle del “patriottismo” contro possibili concorrenti stranieri, chissà mai che ci invadino offrendo servizi migliori e costi più bassi!).

Ma torniamo al disagio dei pendolari: certo, meritano migliori servizi, e risarcimenti in caso di gravi disagi. Ma questo lo meritano tutti i pendolari. Quelli che vanno in treno sono una minoranza, e godono delle tariffe più basse d’Europa. La maggioranza, secondo una recente ricerca del CENSIS, va in macchina, e non certo per scelta. Paga prezzi esorbitanti per le accise sulla benzina, e sta spessissimo molto tempo in coda. Dulcis in fundo, sempre secondo la ricerca citata, gli operai viaggiano molto di più in macchina degli impiegati e degli studenti (gli operai stanno in tanta malora, per ragioni di reddito, e lavorano in altrettanta malora, al contrario degli impiegati, che generalmente lavorano in aeree centrali e ben servite). Ci sono pendolari di serie A e di serie B, evidentemente.

Per concludere sull’incidente da cui siamo partiti: forse un gestore che a) avesse vinto una gara; b) sapesse che ci sono multe vere in caso di disservizi (che incidono sui propri ricavi e non sul quelli del padrone pubblico, cioè ancora sui nostri quattrini); c) dovesse rivincere anche la gara successiva, e d) infine dovesse mantenere una buona immagine aziendale sul mercato, sarebbe stato un pochino più attento benessere dei passeggeri.

 

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