La mia amica Daniela vive a Roma. Dopo aver lavorato per qualche anno in un grande studio internazionale, è tornata a fare l’avvocato presso il suo ex dominus, che le paga un minimo più la percentuale per ogni pratica. Il totale della somma fa una miseria.

La mia amica Nicole proprio non lo capisce che per me fare il Personal Assistant è roba dell’anno scorso: il 2012 è l’anno dei grandi eventi. Forse sono troppo rapido a cambiare lavoro e lei continua a fare aperitivi a Trastevere come 10 anni fa, spendendosi quei quattro soldi guadagnati in qualche studio baronale di avvocati.

Marco a Trieste è ancora studente e il ricavato di un lavoretto in nero lo userà per comprarsi l’iPad mini. D’altronde essendo sempre in bolletta non può permettersi quello grande, né tanto meno viaggiare. Ma l’Italia non era un paese di navigatori, poeti, scienziati? Penso sia ancora scritto ancora sul Colosseo quadrato a Roma.

Qualcuno però si è messo in viaggio. Il mio amico Antonio, ad esempio, che quest’anno ha rifiutato un dottorato a Cambridge. Lo fa a Milton Keynes, un’università più piccola dove ha trovato un luminare della materia cui dà del tu e con cui, prendendo un caffè, discute del suo progetto. L’idea che finalmente potrà svolgere una ricerca sul suo architetto preferito dell’epoca razionalista italiana lo manda in solluchero; e rende più facile vendere audioguide in un museo della capitale.

Un altro architetto, la mia amica Marta, non ne poteva più dell’architettura e si è data al disegno di interni. Da tre anni gira gli studi internazionali più rinomati di Londra e già pensa al prossimo passo: la moda. E se moda sarà, non potrà che essere Valentino, il suo idolo. Potrei continuare l’elenco per altre due pagine. Esigenze di spazio però mi impongono di arrivare al dunque.

I grandi ci dicono che dobbiamo accontentarci, i ministri con un linguaggio snob di non essere choosy. E a mio parere hanno perfettamente ragione: non dobbiamo accontentarci di rimanere dove arriviamo, del posto fisso, se lo troviamo. Dobbiamo cercarci le occasioni e prendere al volo quelle che si presentano purché siano il primo passo per arrivare al nostro sogno. Abbiamo l’obbligo di sognare in grande, pensare che tutto sia possibile, come quando eravamo piccoli, ed usare tutti i mezzi leciti possibili per arrivarci, tutte le nostre risorse. Dimenticate la borsa di Vuitton o l’ultimo modello di iPhone: io parlo dei sogni veri, quelli dimenticati nel cassetto, come fare l’astronauta o la ballerina della Scala.

Quando mi hanno proposto di occuparmi degli accrediti per la compagnia che ha organizzato le quattro cerimonie olimpiche e paralimpiche quest’anno a Londra, non ci ho pensato un attimo. Per me era il primo passo verso quel luglio 1996, quando adolescente ed incredulo, immobile davanti alla tv, estasiato dalla cerimonia di apertura dei giochi olimpici di Atlanta, sognavo ad occhi aperti: “quanto mi piacerebbe realizzare qualcosa di così immenso!”

Siamo un popolo grandioso, il cui sognare ha regalato il più grande patrimonio culturale all’umanità. Probabilmente ce ne siamo solo dimenticati.

di Vincenzo Ianniello, professionista nel settore degli Eventi Internazionali, attualmente si riposa dopo i giochi di Londra 2012

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