La Lega benedice Formigoni a Roma e, allo stesso tempo, per bocca dei suoi esponenti lombardi, rilancia la linea dura. “Voto ad aprile in Lombardia? Io non l’ho mai detto”. Con queste parole Roberto Maroni ha dato l’ok al nuovo corso del governatore dopo lo scandalo dell’arresto dell’assessore alla Casa per voto di scambio. Di più. Il leader del Carroccio ha ritrattato le previsioni fatte mercoledì sera da uomini del suo partito: “Comunque vada – aveva detto in serata Matteo Salvini, segretario della Lega Lombarda – il voto nella prossima primavera è molto probabile”. Niente da fare. Maroni ha elogiato “l’eccellenza lombarda” portata avanti dalle giunte del ‘Celeste’ ed è rimasto al suo fianco, insieme ad Angelino Alfano, per tutta la conferenza stampa. “La Giunta della Lombardia è azzerata, ora provvederò al rimpasto, sempre con uomini Pdl e Lega”, ha esordito Roberto Formigoni in conferenza stampa a via Dell’Umiltà, dopo il lungo vertice romano. Nessun passo indietro del governatore, dunque, a conferma di quanto trapelato nel pomeriggio anche da ambienti del Carroccio. “Prendo atto – ha detto Formigoni – delle dimissioni dei miei assessori leghisti e quindi azzero la squadra. Nei prossimi giorni ne formeremo una nuova”. Una scelta approvata da Maroni. Ma il suo partito è in subbuglio: proprio Salvini, da Milano, prova a tenere il punto e rilascia dichiarazioni in rotta di collisione con il suo leader: “Può essere che il consiglio federale decida di far saltare il tavolo. Serve far saltare il tavolo adesso? Siamo dispostissimi. Se qualcuno ci dice ‘salta il Piemonte e il Veneto’ chissenefrega”. 

Angelino Alfano, durante la conferenza stampa, ha spiegato perché, a suo modo di vedere, non si può dire basta a Formigoni: “Non si può mandare a casa una giunta che ha governato bene. Abbiamo fiducia in Formigoni, la sua è una scelta di rottura rispetto agli avvenimenti gravi di questi giorni, ma anche di continuità con il buon governo”. In ogni caso, il segretario del Pdl smentisce – almeno formalmente – il governatore: “Non c’è alcuna correlazione tra Piemonte e Veneto, non abbiamo mai minacciato lo scioglimento di quelle giunte”. In realtà, l’autodifesa di Formigoni mercoledì sera era basata proprio su questo “ricatto” verso la Lega (“se cado io poi tocca a Veneto e Piemonte”, aveva detto). Maroni non si esprime sul ricatto alle giunte leghiste delle regioni del Nord, e sul caso Lombardia canta vittoria: “La Lega ha ottenuto quanto chiesto, cioè l’azzeramento della giunta. Nelle mie valutazioni ho tenuto conto dell’eccellenza di questa regione in tutti i settori di competenza”. Anche da lui, poi, arriva una sorprendente smentita di parole pronunciate, se non direttamente e pubblicamente dall’ex ministro, da buona parte dei suoi compagni di partito a lui vicini: “Non ho mai chiesto il voto ad aprile. Se Formigoni si fosse dimesso, si sarebbe votato entro 90 giorni e non in aprile. Ma noi teniamo fede ai patti”. 

IL DISOBBEDIENTE

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