Proprio così. Luigi Zingales, economista dell’Università di Chicago, si presenta beffardo annunciando che lui e Paola Sapienza (docente di Finanza alla Northwestern University, pure a Chicago), sono lì “in quota marziani”. E si vede. A metà prolusione di Bazoli, Zingales si alza e spara: “Professore, lei ha appena detto che la banca deve perseguire interessi generali piuttosto che massimizzare il profitto. Può citare un caso in cui Intesa Sanpaolo ha seguito questa linea?”. L’ottantenne banchiere bresciano non gradisce. Non risponde perché “ci vorrebbe troppo tempo”, e riprende a leggere il testo scritto. Giornataccia per i banchieri, con il buongiorno che si è visto dal mattino, dal saluto al veleno di Visco. Lo scorso luglio era andato all’assemblea dell’Associazione bancaria a dire di smetterla di dare prestiti sulla base delle amicizie.
Stavolta Visco ha mollato le seguenti pillole, in linguaggio spietatamente tecnico:
1) sulla cosiddetta governance sono stati fatti dei progressi ma servono “sforzi aggiuntivi” (tradotto: state facendo i furbi);
2) dovete mettere più donne nei consigli d’amministrazione;
3) avete “costi connessi con assetti di governo pletorici” (tradotto: consigli d’amministrazione oceanici per spartire gettoni);
4) avete ancora “sistemi di remunerazione non coerenti con l’attuale fase congiunturale” (tradotto: l’Italia tira la cinghia e Ghizzoni è ancora sopra i 2 milioni di stipendio). Il presidente dell’Abi, l’ex presidente del Monte dei Paschi Giuseppe Mussari, assente perché ha organizzato il contemporaneo convegno “Donne, banche e sviluppo”, non fa una piega: “Il governatore vuole più donne nei cda? Giusto”, fa sapere.
Ghizzoni riesce a parlare del tema assegnatogli, “Gestione e presidi dei conflitti d’interesse” senza mai pronunciare la locuzione “conflitti d’interesse”. Spiega però che le banche italiane vanno molto meglio di quelle di altri paesi perché “hanno tenuto il contatto con il territorio” e grazie ai loro “azionisti stabili”. Zingales, abituato a fare lezione in inglese, è costretto a tradurre in italiano quello che tutti in Italia dovrebbero sapere: “Ci avete spiegato di avere in mente l’interesse sociale e non la massimizzazione dei profitti. Meno male, così non c’è conflitto di interessi. L’esempio lo faccio io: nella vicenda Alitalia, Intesa Sanpaolo è stata consulente del governo per il salvataggio, compratore dell’Alitalia e creditore di Air One, che Alitalia, salvata da Intesa, ha comprato”. Gelo in sala. Zingales affonda il colpo: “Per fortuna Intesa non pensa a massimizzare i profitti, così non c’è conflitto d’interessi. E poi ci sono gli azionisti stabili, le fondazioni bancarie, che anche loro non cercano il profitto, sennò uscirebbero dalle banche e investirebbero altrove, ma stanno nelle banche per contare sul territorio, cioè per condizionare la gestione delle banche non alla ricerca del profitto ma dell’interesse generale. Ecco, dovremmo pensare a una nuova forma societaria, diversa dalla società per azioni: Bazoli non massimizza il profitto, però poi chiede capitali alla Borsa, cioè ai risparmiatori, per investirli nel perseguimento degli interessi generali”.
La lezione del liberista venuto da Marte si chiude con una proposta choc: “A proposito di trasparenza: pubblichiamo tutte le consulenze e i cosiddetti pareri pro-veritate che chiedete ad avvocati, notai e commercialisti a supporto delle vostre decisioni, così magari ci penseranno due volte prima di scrivere ogni cosa e il suo contrario a seconda delle richieste del committente”. L’unico che trova la forza di rispondergli è Piergaetano Marchetti, navigato notaio dei salotti finanziari: “Dopo il quadro che hai fatto, l’unica soluzione è monaci e carabinieri – avverte paterno –. Sì, stai attento, Luigi, così stai aprendo la via agli eccessi del regolatore”. Che per qualcuno suona come un modo raffinato di definire il rispetto della legge.
Il Fatto Quotidiano, 26 settembre 2012
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