E’ in corso di svolgimento la seconda edizione di Popsophia, il Festival del contemporaneo di Civitanova Marche, diretto, nelle sue sezioni filosofiche, da Umberto Curi, che, in Prolegomeni per una popsophia, precisa il significato e il disegno culturale del progetto: “Nelle sue origini, e nel suo statuto più proprio, la filosofia è popsophia. Anzi: se vuole davvero restare fedele alla sua ispirazione iniziale e intende valorizzare ciò che peculiarmente la caratterizza, rispetto ad altre attività intellettuali, la filosofia non può essere altro che pop-sophia”.

Un’ipotesi che viene ulteriormente ribadita dal filosofo tedesco contemporaneo Peter Sloterdijk: “Noi non dobbiamo essere titubanti nel pensare oltre i confini dell’attività accademica. La crisi complessiva dei nostri giorni dovrebbe spingere la filosofia che si è rinchiusa nel grembo delle università ad abbandonare il suo nascondiglio. Dobbiamo tornare nelle piazze e nelle strade, dobbiamo ricomparire sulle pages littéraires e sugli schermi, nelle scuole e nei festival popolari per restituire al nostro mestiere, il più gaio e il più malinconico del mondo, l’importanza che gli è dovuta anche nella vita non accademica”. La popsophia, dunque, come momento di ripensamento della dimensione essoterica della filosofia, della sua dimensione pubblica e come nuova forma di attivismo culturale e filosofico. Un ritorno alle origini e, nel contempo, la fuoriuscita da quell’alternativa rigida cui era stata relegata la funzione degli intellettuali: il rifugio difensivo nell’autarchia del mondo accademico oppure la prigione dorata della nuova mediaticità e, pertanto, l’essere divenuti ‘oggetti colti’ della società contemporanea.

Una volta scomparsa la figura dell’intellettuale organico, diventa plausibile pensare che il “filosofo pop” ne sia la naturale prosecuzione. Come suggerisce Peter Szendy: “la popsophia non è un pensiero costituito applicato a differenti oggetti della cosiddetta popular culture; è, all’opposto, un pensiero che si cerca, filosoficamente, a partire dalla sua esposizione all’impuro. E lasciandosi profondamente, appassionatamente, afferrare. O infettare”. La filosofia come ritorno al dibattito pubblico, come interlocuzione con tutti gli strati della società, come confronto critico con tutti i saperi e le forme d’esperienza che si impongono nella quotidianità. Di qui la messa in discussione di un fenomeno di massa come il calcio, che non deve scandalizzare se la filosofia e il calcio hanno in comune almeno il fatto di essere entrambi un gioco e di presumere una tensione agonica.

Dice bene a tal proposito Simone Regazzoni nel suo Manifesto della Pop Filosofia: “Se la filosofia è una forma di gioco o di esercizio estremo, la cultura pop e i suoi media sono, oggi, un campo d’azione imprescindibile per la filosofia. Anche perché è qui che, in molti casi, l’arte uscita fuori di sé e andata oltre se stessa si ripresenta sotto altre inedite forme. Si pensi ad esempio alle opere d’arte nell’epoca della nuova serialità televisiva: da Lost ai Soprano, da Mad Men a Dr. House”.

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