Solo pochi giorni fa la Casa delle donne maltrattate di Milano lanciava un appello a istituzioni e forze dell’ordine: “Aiutare le donne vittime di violenza indirizzandole subito ai centri di ascolto specializzati”. C’era bisogno di ricordarlo? Sì, se ci sono sempre più siti e gruppi Facebook che affermano che i centri di ascolto per donne maltrattate siano luoghi da “evitare in ogni caso”, in quanto covi di “naziste”, “pedofile” e “calunniatrici” che istigano al divorzio per “rubare i bambini ai propri papà”.

Si chiamano con nomi insospettabili: Centriantiviolenza.com, Femminismo-a-sud.blogspot.com (coniato dal blog Femminismo-a-sud.noblogs.org), Movimentoperlinfanzia.com (clone di Movimentoinfanzia.it), Comunicazionedigenere.com (copia di Comunicazionedigenere.wordpress.com), Noviolenzadonne.blogspot.com (clonato da Noviolenzasulledonne.blogspot.com). E ancora Iodonna.biz, Femminismo.net, Pensieri.femministi.com, Dirittoeminori.com. Altri hanno nomi espliciti, come Nazifemminismo.info e Bollettinodiguerra.it che rimanda però a una pagina di login.

E che dire del gruppo Facebook – più di 465.000 like – No alla violenza sulle donne, che, a una tale Sonia – nome di fantasia scelto da “Donne di Fatto” per interloquire con l’amministratore della pagina -, madre di due figli e vittima del marito aggressivo, ha scritto di rivolgersi alla polizia o alla Caritas ma di “evitare in ogni caso i centri femministi”? Sarebbero “centri di guerra sessisti”, che propugnano “l’ideologia dell’odio”. Tra i like del gruppo, una pagina intitolata “Negata parità genitoriale causa di omicidi e suicidi”. Scorrendo gli status, troviamo “Le corna non sono mai futili motivi”, “Le pedo calunniatrici e i loro avvocati sono come i pedofili: meritano la pena di morte” e “La prima donna condannata per crimini contro l’umanità è stata una nazista. La seconda una femminista. Due ideologie dell’odio e della calunnia da mandare nella spazzatura della storia”. Secondo l’ufficio stampa italiano di Facebook però il gruppo non viola i termini di utilizzo e dunque non sarà chiuso. Unica possibilità per gli utenti, segnalare “commenti inopportuni”.

Ciò che accomuna questi siti è la negazione del fenomeno della violenza sulla donna, l’esaltazione di notizie tendenziose – che non trovano riscontro nella stampa nazionale o locale – la revisione storica. La voluta somiglianza della url con quella dei siti che realmente aiutano donne e minori vittime di violenza è pericolosa: donne alla ricerca di di sostegno e informazioni, possono incappare in questi siti dove la vittima è spinta a tacere “per non rovinare la propria famiglia”. Una preoccupazione che, secondo la ricerca europea Daphne III, rappresenta il maggior deterrente psicologico per le donne che vorrebbero denunciare partner violenti

Su centriantiviolenza.com si invita chiunque a chiedere al governo italiano di tagliare fondi ai centri antiviolenza “per il bene dei bambini”, si scrive che “il femminismo ha portato a un raddoppio degli omicidi di donne”, accompagnando la “notizia” con discutibili sondaggi di opinione. Sullo stesso tenore, o persino più violenti, gli altri siti. Interpellata da Ilfattoquotidiano.it, la polizia postale ha fatto sapere che li esaminerà. Intanto Noviolenzasulledonne.blogspot.com ha stilato le istruzioni per riconoscere i siti falsi: parlano di bigenitorialità e nazifemminismo, negano la violenza sulle donne, evidenziando quella delle donne su uomini e bambini; modificano le statistiche dell’Istat e chiedono costantemente di segnalare pagine vere.

Articolo Precedente

Donne in bilico tra lavoro e famiglia: “Conciliare entrambi è un miraggio”

next
Articolo Successivo

Chirurgia plastica, appena ho 18 anni? “Mi rifaccio”. Documentario al Giffoni

next