Dopo un mese di Euro 2012 in cui le parole calcio e crisi si sono sovrapposte quotidianamente – tra goal e spread, rigore e rigori e sfide di calcio sfociate in politica come quella tra Germania e Grecia – uno studio della Fifa certifica l’ingresso della crisi nel mondo del calcio. E viceversa. Nei primi sei mesi del 2012 i giocatori registrati in una nuova squadra a seguito di un trasferimento internazionale sono il 9 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2011. Mentre il fatturato complessivo generato dai trasferimenti internazionali è crollato del 34 per cento, assestandosi a 576 milioni di dollari (371 milioni di euro) per circa 5mila trasferimenti effettuati. Queste cifre, riferendosi ai trasferimenti internazionali, non coprono quindi i cosiddetti trasferimenti domestici tra due squadre dello stesso paese.

Lo studio è stato condotto dalla Transfer Matching System (TMS) – un’organizzazione della Fifa che registra tutti i trasferimenti di calciatori che avvengono in ogni parte del globo – e si riferisce ai primi sei mesi dell’anno, fino alla vigilia dell’1 luglio, quando apre il mercato estivo europeo dei grandi campionati: Inghilterra, Spagna, Germania, Italia e Francia. In termini quantitativi, di soldi mossi e di giro d’affari complessivo, mancano quindi ancora i colpi estivi delle grandi europee, ma essendo il dato comparativo con i primi sei mesi dell’anno scorso il risultato è lampante nel segno meno. La crisi ha cominciato a colpire anche il calcio, fino a oggi isola felice che si riteneva immune.

“Ovviamente bisogna aspettare di vedere cosa succederà a luglio e agosto, con il calciomercato europeo, per capire se questi dati sono stati un’eccezione o se segnano invece l’inizio di un trend – spiega Isabelle Soal, dirigente della TMS – Comunque, se dovessi dare un’interpretazione dei dati, direi che è chiaro l’impatto della recessione economica sul calcio oltre al fatto che si cominciano ad applicare le regole del Fair Play finanziario volute dalla Uefa”. Con il fair play, per le società europee diventa infatti sempre più difficile acquistare giocatori indebitandosi, né è permesso loro di avere le perdite del calciomercato ripianate dai proprietari, pena l’esclusione dalle competizioni continentali.

Se dati più precisi sulle tendenze europee si potranno avere solo dal prossimo settembre, è però innegabile che calcio cominci globalmente a risentire della crisi che da quattro anni affligge l’economia mondiale. In realtà, dalle nuove proprietà ‘esotiche’ alle continue rinegoziazioni verso l’alto dei diritti televisivi, i soldi continuano a piovere copiosi sul calcio, solo che ora vanno a coprire i vecchi debiti e non sono più reinvestiti. Basta vedere come gli acquisti delle nuove potenze – dal PSG al Malaga di proprietà araba in Europa, alle squadre dei campionati dei paesi emergenti – non muovano più il mercato come una volta.

O come il nuovo mega contratto da oltre 3 miliardi di euro che hanno appena firmato le società della Premier League, per cedere i diritti televisivi del prossimo triennio, non sia ancora servito ad accendere il mercato estivo britannico, sprofondato in un’inusuale fase di stasi. E proprio dall’Inghilterra parte l’allarme. A gennaio 2012 sono state infatti spese ‘solo’ 60 milioni di sterline rispetto ai 225 milioni dell’anno precedente, con una diminuzione del giro d’affari complessivo vicina al 70 per cento, e un ritorno al volume di soldi che erano spesi negli anni zero, fino al 2007. Epoca pre-crisi, appunto. Dopo la bolla in cui ha vissuto finora, anche il calcio comincia a confrontarsi con la realtà.

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